Sono passati sei mesi e mezzo da quando si è scoperto definitivamente che il governo di centro destra guidato da Kostas Karamanlis aveva truccato i conti pubblici e che il deficit pubblico del 2009 viaggiava verso il 12,7%, il doppio di quanto indicato. E’ stato nel momento in cui il governo socialista di George Papandreou si è insediato, inizio ottobre, che sono cominciati (o meglio, sono emersi alla luce del sole) i guai veri sotto il tiro della sfiducia internazionale. Da quando i capi di governo dell’Eurozona hanno preso la decisione di aiutare la Grecia a risalire la china, senza dire come, sono passati due mesi e mezzo, poco per i tempi europei, tantissimo per i tempi dei mercati. Un mese è passato da quando i ministri dell’Eurozona hanno concordato i termini di un meccanismo di aiuto finanziario ad Atene, solo dodici giorni dal momento i cui gli stessi ministri hanno dettagliato la modalità del piano di aiuti, prestiti bilaterali dei governi a un prezzo (allora si calcolava il 5%) e del Fondo monetario (a un prezzo più basso che ancora non si conosce). Il calendario aiuta a capire che cosa sta accadendo: siamo all’epilogo della prima parte della crisi greca dopo la scoperta del bubbone, le reazioni sempre più allarmate dei mercati, dei governi europei, delle opinioni pubbliche. Si chiude la fase del traccheggiamento, del tirare a campare nella speranza che tutto si possa aggiustare fidandosi delle miniaste obbligazionarie (sempre più costose per lo stato greco). Se ne apre un’altra di transizione che dovrebbe durare diversi giorni.
Il ministro delle finanze greche Papaconstantinou ha indicato ha indicato una data precisa, ma ha detto che il finanziamento Eurozona-Fmi arriverà prima del 19 maggio. Con ogni probabilità la data buona potrebbe essere fra il 9 maggio e il 19 maggio. Il 9 maggio, infatti, si vota nel Nord Reno-Westfalia. E’ un voto molto importante per la cancelliera Angela Merkel e per la coalizione che governa la Germania: se il centro-destra perderà, perderà anche la maggioranza alla Camera dei Laender. Di fronte a una opinione pubblica ostile al salvataggio di altri paesi che hanno costruito la propria crisi prevalentemente con le proprie mani (è il caso della Grecia), la cancelliera tedesca si barcamena. Ci sarà al momento buono, quello in cui dovrà prestare i soldi (con 8,4 miliardi di euro la Germania sarà la più esposta, la Francia contribuirà per 6,3 mld, l’Italia per 5,5 miliardi), ma adesso ha ancora qualche margine per apparire in grado di dettare, lei sola, le condizioni. Così si spiega la sua reazione alla richiesta formale di aiuto da parte della Grecia: lo daremo solo se la stabilità dell’euro è minacciata e se Atene presenterà un programma credibile di consolidamento del bilancio. Per la verità il primo fattore è di difficile dimostrazione e, comunque, l’opinione generale (anche del ministro delle finanze tedesche Schaueble) è che a lungo andare l’unione monetaria non regge con la Grecia a rischio permanente di ‘default’. Quanto alla cura da cavallo cui deve sottoporsi la Grecia tutto è già stato detto sia dall’Eurogruppo che dalla Bce e dalla Commissione europea: il programma deciso va bene, ora va attuato e rispettato al millesimo.
La reazione tedesca è stonata rispetto a quella delle altre capitali, Parigi e Madrid in testa (quasi si compiacciono per la richiesta formale di aiuto). E’ la fine di un incubo durato troppo a lungo. La scoperta che il deficit nel 2009 è al 13,6% del pil (potrebbe anche superare il 14%) e la decisione di Moody’s di peggiorare la valutazione del debito sovrano greco avevano indicato chiaramente che i margini di manovra erano ormai esauriti. Ma l’incubo è finito davvero? Troppo presto per dirlo. Intanto va detto che la reazione dei mercati alla decisione greca è stata immediatamente positiva, poi è tornata di nuovo la cautela. Sarà importante conoscere i dettagli del piano prestiti e sarà ancora più importante capire se l’operazione durerà uno, due o tre anni. Cioè se i prestiti dovranno essere di 30, 50 o 80 miliardi di euro. E’ probabile che non si saprà adesso. E qui si entrerà nella fase 2, quella della gestione della crisi greca che poggerà su tre pilastri: il consolidamento del bilancio con un taglio del 4% del deficit/pil entro gli otto mesi che restano dell’anno; i prestiti di Eurozona e Fmi; il sostegno dei greci alla politica di lunga austerità sociale ed economica. Del primo si sa tutto, come abbiamo detto. Del secondo si conosce il 50%. E del terzo pilastro? Poco o nulla e il consenso popolare al governo greco è la vera variabile sulla quale si misurerà la capacità di gestione della crisi. Gestione che per la prima volta non è solo ‘nazionale’, ma inevitabilmente condivisa tra i governi dell’Eurozona.