Né presidente né ‘ministro’ degli esteri Ue. I conservatori britannici, candidati l’anno prossimo a spodestare i laburisti, hanno detto chiaramente ciò che nei corridoi da qualche giorno comincia a circolare da qualche giorno a Bruxelles: Londra vuole un posto ‘pesante’ nella nuova Commissione e tutto sommato, con gli attacchi in corso alla supremazia della City quale centro finanziario di scala globale da un eccesso di regolazione, l’interesse nazionale coincide perfettamente con due portafogli, la concorrenza o il mercato interno (che appunto si occupa di regolazione finanziaria). A poco più di due giorni dal vertice Ue (giovedì 19 novembre) la partita delle nomine europee si ingarbuglia sempre più. Tanto per dire: la Francia ritiene già di aver incassato il portafoglio del mercato interno. Identico l’obiettivo, ma per la ragione opposta a quella che muove adesso Londra: consolidare la riforma della regolamentazione sviluppando per esempio la concorrenza tra le piazze finanziarie europee al grido di non-solo-Londra. Forse se Parigi fosse accontentata, potrebbe sostenere – si dice – Londra alla concorrenza, l’Italia potrebbe starci se avesse il via libera (in futuro) a Tremonti presidente dell’Eurogruppo, ma ora si è saputo che per quel posto c’è anche una candidata del calibro della francese Lagarde. E poi la concorrenza fino a ieri sembrava essere un territorio riservato anche per i prossimi cinque anni a un paese medio-piccolo. Un vero ginepraio.
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