E’ possibile ipotizzare che una valuta diventi globale, cioè abbia sempre più peso negli scambi commerciali, nella denominazione dei titoli emessi, nelle riserve delle banche centrali, se l’autorità che la emette non vuole? La risposta di due economisti del centro Bruegel di Bruxelles, Jean Pisani-Ferry e Adam Posen è semplice: non è possibile. Il discorso calza a pennello per l’euro, oggi super a 1,50 dollari non per virtù dell’economia dell’Eurozona (la ripresa sarà lenta e la crescita debole e stentata), ma in virtù del progressivo indebolimento del dollaro (voluto dai mercati e di fatto anche dalle autorità americane). I due economisti rilevano giustamente come governi dell’Eurozona e Bce abbiano scoraggiato fin dall’inizio la ‘eurizzazione’ dei paesi vicini o comunque interessati scoraggiando l’aggancio unilaterale delle loro valute all’euro. Un altro segno di questa scelta è riflesso nella decisione di fronteggiare la crisi finanziaria in alcuni paesi dell’est europeo più attraverso il Fondo monetario internazionale che non attraverso la Ue rafforzando, dicono Pisany-Ferry e Posen, “l’idea difensiva che la stabilità dell’Eurozona sarebbe fragile quanto più fosse estesa”. E’ vero che trattandosi di valute vanno tenuti presenti fattori come liquidità, disponibilità e chiarezza legale che spiegano la preponderanza di una divisa sulle altre (il dollaro), va tenuto presente che i governi possono ottenere risultati sul mercato dei cambi solo se si muovono tutti insieme per ottenere lo stesso obiettivo (e non è il caso di oggi), che il mondo semmai va verso una convivenza di valute ‘regionali’ con il dollaro, ma è anche vero che l’assenza di leadership può fare la differenza.
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