LETTERA DA BRUXELLES Anche in Germania circolano nuove idee nonostante i no di Angela Merkel

Finanziare parzialmente il debito attraverso un fondo garantito collettivamente dagli stati Eurozona, con scadenze di ripagamento fisse e sotto strette condizioni per portarlo entro 20-25 anni al limite del 60% del prodotto lordo. Nel fuoco di un confronto rovente sul ruolo della Bce e del Fondo salva-stati nella gestione della crisi finanziaria, con Parigi e Berlino di nuovo ai ferri corti, ecco una proposta destinata a far discutere parecchio sia per il contenuto – e questo è ovvio – sia per il pulpito da cui proviene: è un pulpito tedesco, segnatamente il gruppo degli esperti economici che consiglia governo federale e parlamento. Non dei liberi pensatori, dunque. Meglio noti come i ‘cinque saggi’ dell’economia tedesca, Wolfgang Franz, Wolfgang Wiegard, Peter Bofinger, Beatrice Weder di Mauro e Christoph Schmidt, hanno sfondato quello che in Germania viene considerato un muro: l’idea di mutualizzare, cioè di trasferire a una entità collettiva europea, la responsabilità di garantire una parte del debito pubblico degli stati.



 La cancelliera Angela Merkel ha già fatto sapere di essere contraria perché l’idea di un fondo per il debito Eurozona di questa natura non avrebbe basi legali e non reggerebbe alle obiezioni della Corte costituzionale tedesca. Resta il fatto che la proposta si inserisce perfettamente in una strategia che sta trovando molti più sostenitori di quanto si voglia credere, lungo la linea degli Eurobond rilanciati un anno fa dal presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker e da Giulio Tremonti. Per inciso, Mario Monti ritiene che l’Eurobond come strumento di gestione del debito nell’Eurozona e non come mezzo per finanziare nuova spesa pubblica è una delle risposte giuste alla crisi finanziaria europea, via di gran lunga preferibile all’acquisto di titoli pubblici da parte della Bce.
  I ‘cinque saggi’, però, non vogliono un Eurobond e sta proprio qui l’interesse per la loro idea. Propongono un patto per il rimborso del debito con l’obiettivo di portare il debito/pil sotto il 60% attraverso un normale fondo di rimborso e vincoli precisi per i paesi che vi partecipano. La caratteristica fondamentale è che il fondo si riduce automaticamente nel tempo sulla base di ripianamenti obbligatori fissati in anticipo ed è questo che lo rende fondamentalmente diverso dagli Eurobond.
  Concretamente funzionerebbe così: il debito pubblico degli stati eccedente il 60% del pil sarebbe trasferito al Fondo comune garantito dagli stati membri: questi sono obbligati a rimborsare autonomamente il debito trasferito in 20-25 anni (più o meno è lo sforzo previsto dalla regola del taglio di un ventesimo l’anno del debito appena stabilita dalle norme europee). Inoltre entreranno in funzione dei “freni” nazionali per limitare il debito. Per stabilizzare i mercati finanziari, dicono i ‘cinque saggi’, viene offerta la possibilità ai paesi di coprire i bisogni attuali di finanziamento attraverso il Fondo. I debiti esistenti non sono trasferiti al Fondo tutti in una volta, ma via via in cinque anni per fornire “forti incentivi alla disciplina di bilancio”. Da allora in poi il debito esistente comprenderebbe la parte per la quale lo stato è individualmente responsabile che è del 60% del pil e la parte che eccede tale livello trasferita al Fondo. Anche questa viene ripagata dello stato in questione. In sostanza il singolo stato sostiene l’onere di responsabilità primaria, il Fondo entra, se è necessario, in seconda battuta. La garanzia collettiva durante la fase di ripagamento del debito implica la creazione di bond “sicuri” che possono stabilizzare il sistema finanziario europeo.
  Secondo i calcoli dei ‘saggi’ il Fondo Eurozona di rimborso del debito accumulerebbe titoli per 2300 miliardi con l’Italia al primo posto con una quota di titoli italiani del 41% seguita da Germania con il 25%. Il debito garantito esclusivamente dagli stati membri non deve mai superare il 60% del pil definito dal Trattato di Maastricht. La garanzia collettiva dovrà essere affiancata da una stretta disciplina di bilancio: il deficit strutturali non dovrà superare lo 0,5% del pil, la garanzia viene sospesa se non vengono rispettati gli impegni di bilancio e per la crescita, ogni paese deve impegnarsi ad aumentare le imposte se necessario per garantire i pagamenti al fondo, dovrà usare come collaterale una parte delle riserve per coprire un quinto del credito sottoscritto.