“E se l’Italia di Mario Monti salvasse l’Europa?”. Per provocatorio che sia, questo titolo all’ l’articolo firmato da Sylvie Goulard pubblicato qualche giorno fa da Le Monde rende bene il senso di quale potrebbe essere l’effetto delle vicende politiche italiane sull’Europa. Sylvie Goulard è francese, liberale, tra gli europarlamentari una dei più impegnati nella definizione delle regole del governo economico, è stata tra i consiglieri politici di Romano Prodi ai tempi della presidenza della Commissione. Vale la pena seguire il suo ragionamento che, a quanto ci risulta, trova parecchio consenso tra gli europarlamentari di varie nazioni e varie famiglie politiche. La relazione franco-tedesca è indispensabile alla politica europea ma non ha evitato il contagio della crisi finanziaria, di più “è diventata insopportabile”, sostiene l’eurodeputata. L’Italia è il terzo paese più grande della zona euro,con il 17,4% del pil dell’area è solo di un passo dietro la Francia (19,4% del pil), di conseguenza non se ne può prescindere sia in termini economici né in termini politici. “Dopo gli anni di Silvio Berlusconi, la tradizione europea dell’Italia non è più nella memoria, cionostante merita di essere ricordata, dal piano tedesco-italiano dei ministri Hans-Dietricht Genscher e Emilio Colombo al leggendario Consiglio europeo di Milano nel 1985 quando non fu il tandem franco-tedesco ma la presidenza italiana ad aiutare Jacques Delors a sfidare l’opposizione di Margaret Thatcher per aprire la via all’Atto unico” (il piano Genscher-Colombo del 1981 rappresentò una tappa molto importante nel processo di cooperazione politica europea, l’Atto unico europeo è il trattato entrato in vigore nel 1987 con il quale è stato completato il mercato interno ed è stato avviato un primo embrione di unione politica).
Oggi l’Italia, sostiene Goulard, ha l’occasione di inserirsi con autorevolezza in un confronto politico piuttosto aspro (basti pensare alle reprimende britanniche per la spinta alla maggiore integrazione dell’Eurozona), per lasciare definitivamente alle spalle una crisi che “ha rivelato l’impotenza del Consiglio europeo quando, trasformato in un “cartello di nazionalismi, difende degli interessi nazionali a breve termine”. Il “ritorno attivo” dell’Italia in tale confronto “non farà sicuramente dei miracoli, ma potrebbe accelerare un cambiamento di metodo”. Inoltre, una “terza voce rispettata potrebbe aiutare il Consiglio europeo a superare le divergenze franco-tedesche, per esempio sul ruolo della Bce”.