L’incontro a Roma del commissario agli affari economici Olli Rehn con il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni non sembra aver aggiunto nulla di nuovo a quanto si sa già da tempo: se l’Italia rispetterà gli impegni di bilancio (e su questo Bruxelles ha piena fiducia) e se la ‘spending review’ e le privatizzazioni daranno ragionevolmente i risultati attesi, l’Italia potrà avvalersi della clausola degli investimenti che permetterebbe di ‘scontare’ dalle valutazioni del percorso di consolidamento del bilancio circa lo 0,3% di deficit/pil. Nulla di nuovo perché ancora si tratta di vedere se quella condizione sarà rispettata. Manca solo qualche settimana al giudizio europeo per cui si saprà presto se la clausola potrà essere applicata oppure no. La questione è diventata quasi di solo principio visto che per ottenere quella specie di ‘sconto’, il recupero sul bilancio in termini di tagli di spesa sarebbe più o meno della stessa entità. Conterà la valutazione di Bruxelles sul piano di risparmi nella spesa pubblica e sul percorso di privatizzazioni che, però, non potrà fornire cifre di certa realizzazione.
Stando alle dichiarazioni ufficiali di Rehn, la Commissione si appresta fra qualche settimana a migliorare le previsioni di crescita del pil nella Ue e nell’Eurozona. E’ una buona notizia, anche se non bisogna attendersi correzioni epocali. Le stime di autunno davano una crescita del pil Eurozona all’1,1% e nella Ue dell’1,4% (dopo -0,4% e 0% rispettivamente). Il Fmi stimava a ottobre per l’Eurozona 1%. Secondo la Bce, sulla base delle proiezioni pubblicate a dicembre, il pil dovrebbe crescere dell’1,1% (stessa stima della Banca Mondiale), ma qualche giorno fa Edwald Nowotny, banchiere centrale austriaco, ha indicato che l’economia potrebbe fare meglio. Lo scenario, dunque, non è di deflazione in termini aggregati il che non impedisce che in deflazione si trovino alcuni paesi. Questo è già qualcosa, ma è poco per parlare di svolta.
Tuttavia il ritocco di uno o due decimali alle previsioni di crescita è importante, ovvio, significa che davvero si lascia alle spalle il periodo più nero. Certamente non si tratta di una svolta rispetto alle previsioni di qualche mese fa. C’è da notare però che la ripresa a piccoli passi avviene in un contesto migliore dal punto di vista della stabilità finanziaria: sebbene fino alla pubblicazione dei risultati degli stress test condotti dalla Bce sulle grandi banche europee si resterà sulla graticola, è un fatto che più della metà dei paesi sotto salvataggio è uscita o sta per uscire dall’assistenza (è già fuori l’Irlanda, il 23 uscirà la Spagna, a metà anno dovrebbe toccare al Portogallo, non si sa ancora se con una ‘coda’ di difesa europea precauzionale o meno). Sotto completa tutela della Troika restano Grecia e Cipro. Per quanto le incertezze sugli sviluppi ad Atene siano tante (sul modo in cui sarà colmato il buco di 11 miliardi, su ciò che sarà necessario per alleviare ulteriormente il risanamento finanziario), la Grecia non è più un fattore destabilizzante dell’unione monetaria.
Non è tempo per compiacimenti, per riposare sugli allori, è il ‘leitmotiv” dei responsabili europei. Lo ha ripetuto Olli Rehn a Roma. Ma, rovesciando il bersaglio, neppure per i responsabili europei (in primo luogo per il Consiglio Ue) è tempo di riposare sugli allori. Ad esempio, per ritardare una risposta sui paracadute finanziari pubblici comuni per le banche, per rafforzare le miriadi di iniziative per la crescita che pure sono state decise nell’ultimo anno che risultano troppo frammentate. E’ un discorso che coinvolge innanzitutto la Germania, i paesi del Nord Europa, ma che chiama in causa anche la capacità di azione e inventiva politica di tutti gli altri Italia, Francia e Spagna in primo luogo. Di questo si dovrebbe parlare nella campagna elettorale per le europee, non di euro sì euro no.
In un interessante dibattito che si è svolto a Bruxelles, organizzato dall’European Policy Center, la responsabile del coordinamento delle politiche strategiche della direzione affari economici della Commissione Elena Flores ha ammesso, parlando a titolo personale: “Facciamo fatica a mettere insieme tutti i pezzi dei pacchetti economici decisi, pacchetti che poi non sono sufficienti, inoltre ormai abbiamo esaurito i margini offerti dal Trattato per ulteriori passi nell’integrazione. Anzi dovremo peraltro fermarci un momento: continuiamo a costruire nuove istituzioni e poi non sappiamo bene che cosa fanno”. Nello stesso dibattito, un altro economista della Commissione, ha posto sul tavolo l’idea di un maxi-eurobond per gli investimenti: un’emissione intergovernativa secondo il modello Esm di 200-300 miliardi di euro. Idea che ha il via libera dell’Ocse. Sarebbe interessante che i candidati alla presidenza della Commissione e anche quelli interessati a prendere il posto di Olli Rehn si pronunciassero già adesso.