E’ prudente la Commissione europea sull’Italia e la ragione è duplice: da un lato non ha dettagli sufficienti sui tagli fiscali ai redditi bassi (gli 80 euro al mese) e sulle misure di ‘spending review’, per cui questi non sono incorporati nelle previsioni macro-economiche del 2015; dall’altro lato giudica l’andamento del bilancio in termini strutturali nel 2014 migliorato solo in misura marginale e nel 2015 nettamente negativo (deficit strutturale di 0,7% del pil contro una stima governativa di 0,1%). Occorrerà aspettare poco meno di un mese per conoscere le valutazioni dettagliate sul Def italiano, ma è difficile che per il 17 maggio, giorno in cui Bruxelles chiude l’afflusso di dati macro-economici per la fase conclusiva della stesura delle raccomandazioni paese per paese, arrivino nuove sostanziali indicazioni dal governo sulle misure economiche future. Lo scenario delle stime Ue è quello di un paese che lascia alle spalle due anni di recessione, ma ha di fronte a sé un biennio di crescita bassa (0,6% è la metà della crescita dell’Eurozona nel 2014, l’anno prossimo sarà dell’1,2% a fronte di 1,7% nell’Eurozona) e lenta, sostenuta principalmente dall’export ma anche, sempre di più, dalla domanda interna.
L’appuntamento del 2 giugno per l’Italia, come per molti altri paesi, è importante perché la Commissione renderà note le sue analisi dettagliate sul programma di stabilità sulla base delle quali presenterà le raccomandazioni specifiche per assicurare che siano rispettati gli obiettivi di bilancio di medio termine. Le stime di primavera mettono in luce un elemento positivo: il bilancio primario in termini strutturali si stabilizzerà risultando il più alto della zona euro. Dai dati nominali risulta che la situazione non è sostanzialmente cambiata rispetto alle previsioni di febbraio confermando in ogni caso, che i conti pubblici sono pienamente sotto controllo in riferimento al tetto del 3%.
In teoria la Commissione potrebbe tenere conto di novità sui dettagli delle misure per il 2014 in relazione all’effettività delle coperture e della ‘spending review’, che sono elementi essenziali per verificare se vengono rispettati gli impegni di riduzione del deficit in termini strutturali. È però improbabile che ci saranno tali elementi per metà maggio. Proprio su questi aspetti ruoterà la valutazione di Bruxelles: oggi la Commissione nulla ha voluto dire sulla decisione/richiesta italiana di rinviare al 2016 il pareggio di bilancio in termini strutturali. Mentre il governo prevede un indebitamento netto strutturale (al netto delle misure una tantum e della componente ciclica) a 0,6% quest’anno, 0,1% l’anno prossimo e 0% nel 2016 (un anno dopo rispetto a quanto concordato), la Commissione prevede 0,8% nel 2014 e 0,7% nel 2015.
Lo scarto è sensibile e non si sa se Bruxelles riconoscerà l’esistenza dei cosiddetti “eventi eccezionali” per dare il via libera a un rallentamento del percorso di avvicinamento al pareggio. Secondo le regole europee sono possibili deviazioni dal percorso di aggiustamento in tre casi: sono state avviate riforme strutturali che hanno un impatto verificabile di lungo termine sulla sostenibilità delle finanze pubbliche; si è verificato un evento fuori dal controllo dello Stato in questione che ha avuto un impatto importante nella posizione finanziaria; ci sono stati periodi di severo rallentamento economico per l’Eurozona o per la Ue. In ogni caso, il vero confronto sull’Italia non terminerà il 2 giugno: avrà un momento dirimente in autunno con la legge di bilancio 2015.
Il governo non appare preoccupato per ciò che la Commissione deciderà tra un mese e oggi il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha indicato che il giudizio europeo sui conti pubblici italiani è positivo dato che risultano sostanzialmente stabilizzati tra il 2013 e il 2015. Inoltre Bruxelles considera positiva la riduzione del cuneo fiscale che contribuisce notevolmente al calo della pressione fiscale (0,2%). Segnala però che nel breve periodo non avrà effetti sulla crescita, effetti positivi ci saranno solo più avanti a patto che il taglio al cuneo sia finanziato in modo permanente da riduzioni della spesa pubblica. In prospettiva, poi, nella seconda metà del 2014 il debito/pil, che la Commissione prevede ai massimi al 135,2% quest’anno, dovrebbe essere spinto al ribasso non solo da un surplus primario più alto e da una crescita migliore del pil ma anche dagli incassi di privatizzazioni (oggi non presi in considerazione della Ue perché da verificare).