L’evoluzione dell’European Stability Mechanism in Fondo monetario europeo preconizzato anche dalla Commissione Ue ha almeno due aspetti negativi: il primo è che l’esistenza di fondi anti-crisi permanenti indebolisce gli incentivi degli Stati “a prevenire le crisi”, il secondo è l’estensione dei poteri della Commissione europea. Invece si dovrebbe procedere nella direzione del coinvolgimento dell’Esm nella supervisione delle politiche di bilancio, innanzitutto trasferendo la vigilanza sul rispetto delle regole del debito “dalla Commissione europea al Fondo monetario europeo per spoliticizzare il processo” di sorveglianza. E’ questa la valutazione del presidente dell’istituto di ricerca tedesco Ifo Clemens Fuest, espressa in un articolo pubblicato su Euractiv. Le sue argomentazioni ricalcano quelle prevalenti, almeno finora, al ministero delle finanze tedesco. L’Ifo è uno dei principali centri di ricerca economica in Germania.
Nelle prossime settimane decollerà la discussione tra i governi della zona euro e proprio la riforma della ‘governance’ dell’unione monetaria costituirà uno dei dossier più importanti della stagione politica. Toccherà al presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno, che entrerà in carica il 13 gennaio, esercitare il ruolo di mediatore politico di primo piano. Berlino e Parigi hanno già annunciato che renderanno nota una posizione comune entro marzo, per permettere ai capi di stato e di governo di tracciare il percorso delle prossime scelte. In ogni caso prima della formazione del governo in Germania nulla sarà deciso.
Le posizioni espresse dal presidente dell’Ifo sono simili a quelle che in più occasioni sono state espresse dal ministro delle finanze tedesche Schaeuble (ora presidente del Bundestag), in linea con la posizione classica tedesca in tema di vigilanza delle politiche di bilancio e di prevenzione/gestione delle crisi finanziarie. E sono in linea con gli orientamenti politici finora prevalenti nei governi che si sono succeduti a Berlino. Non si sa se, ed eventualmente come, tali impostazioni cambieranno con la riedizione della grande coalizione tra Cdu/Cus e Spd. Ciò conferma che la riforma della ‘governance” della zona euro sarà un percorso molto complicato e tutto in salita, specie per i paesi ad alto debito come l’Itali
La proposta della Commissione europea sul futuro European Stability Mechanism in evoluzione verso una forma di European Monetary Fund, secondo Clemens Fuest riflette una impostazione “unilaterale” che “può solo aggravare i problemi attuali della zona euro e approfondire il divario tra Stati debitori e Stati creditori”. Intanto il ruolo dell’Esm nella gestione delle crisi “crea vari problemi” perché costituire fondi anti-crisi può sì ridurre i costi per risolverle, però mina gli sforzi che gli Stati devono fare per prevenire le difficoltà. “Gli investitori non sarebbero certamente incoraggiati a concedere agli Stati un facile accesso al credito sapendo che contribuenti di altri paesi sopporteranno i costi di un eccessivo carico di debito”, scrive Fuest. Inoltre il controllo democratico “deve restare in via definitiva nelle mani di chi è responsabile delle politiche di salvataggio” e cioè dei parlamenti nazionali e non delle istituzioni europee. La proposta della Commissione non prevede “misure effettive per proteggere i contribuenti dai costi dei debiti eccessivi accumulati dai singoli Stati” e il parlamento europeo non sarebbe responsabile del finanziamento del Fondo monetario europeo né avrebbe poteri di supervisione.
Quanto all’estensione dei poteri della Commissione via Fondo monetario europeo, l’economista tedesco indica che “sotto la presidenza Juncker” l’esecutivo Ue “ha espresso la sua intenzione di agire in senso più politico nel futuro e ciò oscura il suo ruolo di guardiano neutrale dei Trattati europei”. In sostanza, la proposta della Commissione “danneggerebbe la stabilità della zona euro a detrimento dell’obiettivo di migliorare la trasparenza e il controllo democratico”.
Secondo il presidente Ifo bisognerebbe procedere in un’altra direzione: l’aumento delle risorse presso il Fondo monetario europeo deve essere accompagnato da misure per prevenire le crisi e proteggere i contribuenti dai debiti di altri Stati o dalle banche insolventi. Misure che devono includere una supervisione sulle regole per il debito pubblico esercitata dal Fondo monetario con una verifica se uno Stato le viola fondata su fattori oggettivi e “non su valutazioni politiche”. Il Fondo monetario europeo dovrebbe discutere i rischi emergenti per la stabilità finanziaria in consultazioni regolari con gli Stati della zona euro con pubblicazione dei risultati sulla falsariga delle consultazioni del Fondo monetario internazionale sulla situazione dei paesi membri. Inoltre gli investitori privati devono essere considerati responsabili per gli Stati super-indebitati e le banche per cui queste ultime devono detenere più patrimonio e meno titoli sovrani nazionali “altrimenti in caso di fallimento dello Stato potrebbe scatenarsi una crisi bancaria”.
Non solo: la scadenza dei bond sovrani dovrebbe essere automaticamente estesa se un paese chiede l’intervento del Fondo monetario europeo. Ciò farebbe parte delle condizioni di ripagamento di tutti o di una quota significativa dei nuovi bond governativi emessi nella zona euro e tale processo “non costituirebbe un fallimento” (debt default). Un mese fa la Commissione ha proposto di istituire un Fondo monetario europeo ancorato all’ordinamento giuridico Ue basato sulla struttura ormai consolidata del Meccanismo europeo di stabilità, che negli ultimi anni ha svolto un ruolo determinante nel salvaguardare la stabilità della zona euro, aiutando gli Stati membri a riconquistare o a mantenere l’accesso ai mercati delle obbligazioni sovrane.
Il Fondo monetario europeo continuerebbe ad assistere gli Stati membri della zona euro che si trovano in difficoltà finanziarie, costituirebbe un meccanismo di backstop comune per il Fondo di risoluzione unico, agendo da prestatore di ultima istanza per facilitare la risoluzione ordinata delle banche in crisi. Nel tempo, dovrebbe dotarsi di nuovi strumenti finanziari per sostenere un’eventuale funzione di stabilizzazione economica allo scopo di mantenere i livelli di investimento in caso di gravi choc asimmetrici.