E’ ancora in alto mare la discussione tra i governi su nuove sanzioni contro la Russia per l’”escalation” delle violenze nell’Ucraina orientale e il bombardamento di Mariupol. “I ministri europei sono pronti a pubblicare una forte dichiarazione e a preparare nuove robuste misure”, ha indicato il ministro degli esteri ucraino Pavlo Klimkine dopo un incontro con il segretario della Nato Jens Stoltenberg. Secondo un progetto di conclusioni, i ministri degli esteri dovrebbero decidere l’estensione della ‘lista nera’ di persone sanzionate e chiedere “dei lavori preparatori per azioni appropriate in particolare nuove sanzioni”. Su questo però c’è la ferma opposizione del nuovo governo greco. Si vedrà presto se il premier Alexis Tsipras ha deciso di usare le divergenze sulle sanzioni alla Russia anche come leva per ottenere più margini di manovra nel negoziato sulla ristrutturazione del debito, come è probabile, oppure no. Se così fosse la ‘partita’ russa e la ‘partita’ del debito saranno al centro del vertice informale dei capi di Stato e di Governo già convocato il 12 febbraio a Bruxelles.
Nel documento preparato per la riunione dei ministri degli esteri destinata a durare parecchie ore viene indicato che dovrebbe essere rinnovata almeno fino a settembre la batteria di sanzioni che hanno colpito i separatisti ucraini e responsabili russi coinvolti nel conflitto. Le sanzioni scadono a marzo. Tsipras non ha fatto mistero della sua posizione sulle sanzioni alla Russia protestando con la ‘ministra’ Ue Federica Mogherini per il comunicato europeo nel quale si parlava di “responsabilità” della Russia per il “deterioramento della situazione nell’Est dell’Ucraina” e veniva evocata, appunto, l’ipotesi di nuove misure restrittive.
In ogni caso la prospettiva di un aggravamento delle sanzioni economiche non è vista con favore anche da ‘grandi azionisti’ dell’Unione europea: Germania, Spagna, Italia. Il vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel ha indicato a Berlino che “nessuno in Europa e sicuramente in Germania ha interesse in ulteriori più dure sanzioni”. Il ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni ha detto che una scelta in tale direzione attualmente “è prematura”. Il ministro belga Didier Reynders ha invece indicato che “sono in molti a sostenere che è necessario andare avanti con nuove misure di sanzione che colpiscano sia persone sia entità”.
Attualmente sono 132 le persone e 28 le entità colpite dal congelamento dei patrimoni e dallo stop ai visti, A luglio la Ue ha imposto significative restrizioni all’accesso al mercato dei capitali europeo da parte delle principali banche pubbliche, società energetiche e della Difesa russe. Sono stati posti anche l’embargo sulle armi, la proibizione di esportare beni per uso duale (civile e militare), di tecnologie chiave e servizi per lo sfruttamento di risorse energetiche.
Non c’è un legame diretto fra la partita dei rapporti e delle sanzioni contro la Russia e la partita del debito ellenico, ma sono in molti a pensare nei ‘palazzi’ Ue che Alexis Tsipras intenda aprire in un colpo solo tutti i ‘fronti’ politici delle relazioni con l’Unione europea cominciando, almeno sul terreno dell’economia e della gestione del bilancio pubblico, a prefigurare una serie di misure che cambiano radicalmente il quadro attuale.
Per quanto riguarda l’economia basta indicare la sospensione delle privatizzazioni e l’annuncio di misure a sostegno del reddito della popolazione in netta controtendenza con gli accordi raggiunti con la Troika dal governo Samaras. A Bruxelles si teme quella che un diplomatico chiama “onda d’urto” greca: l’apertura contemporanea di negoziati molto difficili su due fronti di estremamente sensibili sui quali oltretutto gli altri partner europei possono rivelarsi non così uniti come appare oggi.
Per quanto concerne il debito ellenico, l’Eurogruppo è stato unanime nel difendere la linea che i debiti vanno ripagati. E’ un principio difeso anche da chi concorda con Tsipras che l’era della Troika è tramontata e che la politica economica e finanziaria europea deve uscire dalla gabbia dell’austerità (per esempio Matteo Renzi e Francois Hollande). D’altra parte perché, gli italiani dovrebbero accettare che in Grecia le pensioni minime aumentino a 750 euro al mese quando in Italia sono inferiori di un terzo? Altra cosa è impegnarsi in un negoziato su un ulteriore riscadenzamento e/o taglio degli interessi (peraltro già molto bassi). Ma deve trattarsi di una operazione che deve lasciare margini di manovra sul bilancio 2015 al governo greco, altrimenti Tsipras non potrà rispettare gli impegni assunti con gli elettori. In quale misura l’Eurogruppo accetterà di allargare le maglie tessute dalla Troika (Commissione-Bce-Fmi)? E’ anche su questo che le posizioni all’Eurogruppo potrebbero non essere convergenti.
Domani il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem va in avanscoperta ad Atene per incontrare Tsipras e il ministro delle finanze Yanis Varoufakis. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker aspetta che il premier greco gli invii “rapidamente la lista delle sue richieste”. E’ convinto che Tsipras “non abbia voglia” di rovesciare il tavolo a Bruxelles. Anche perché incombono varie scadenze dei bond in mano a Fondo monetario e Bce. A fine febbraio scade il programma di aiuti. Da marzo scatterà il piano Bce di acquisti dei titoli pubblici contro la deflazione: senza un accordo Grecia-creditori, Mario Draghi si asterrà dall’acquisto di titoli ellenici.