È sempre più arroccata la Germania. Già si era capito nel corso delle riunioni di Eurogruppo ed Ecofin dieci giorni fa a Milano che Berlino non è disponibile a dare una spinta alla domanda dell’area euro usando a tale scopo una parte dell’ampio margine di bilancio (la legge finanziaria 2015 è chiusa e non intende rinunciare all’equilibrio di bilancio nei prossimi anni). Era stato confermato al G20 in terra australiana questo fine settimana: pressato dal Fondo monetario e dal collega americano, il ministro Wolfgang Schaeuble ha risposto come al solito, picche. Tutte le critiche alla politica di bilancio tedesca, questa la sua linea, “sono vane”. L’incontro di oggi a Berlino tra il primo ministro francese Valls e la cancelliera Merkel è stato una doccia fredda. L’ennesima. Valls ha guadagnato soltanto il riconoscimento che le riforme in cantiere costituiscono un programma “impressionante” e un sincero “buona fortuna”. Quanto all’aumento della spesa pubblica per investimenti in Germania, la cancelliera ha detto che “esistono molte possibilità di creare crescita senza soldi aggiuntivi”. Con parole caute, Mario Draghi si è schierato oggi a favore di un’azione più attiva della Germania (tuttavia senza nominarla direttamente). Niente da fare, non ci sono spiragli. La stampa tedesca indica che a Bruxelles si pensa di usare i fondi Esm per finanziare il piano Juncker da 300 miliardi. Schaeuble ha già detto di no. C’è da augurarsi che si tratti di segnali tattici perché la stessa Germania soffre dello stallo economico altrui. Ma è così da molto, troppo tempo: se non si guidano le aspettative, come si può sperare di convincere famiglie e imprese a spendere uscendo dalla trappola dei comportamenti deflazionistici?