Stando alle cronache i liberali tedeschi rinunciano a una riduzione delle imposte radicale (promessa in campagna elettorale) da realizzare nel corso della nuova legislatura. Passerebbe, dunque, la linea dei cristiano democratici di limitare a 20 miliardi di euro entro il 2013 gli stanziamenti per alleggerimenti fiscali (due terzi) e investimenti (un terzo). Non solo, la cancelliera Angela Merkel vuole ammorbidire il meccanismo di riduzione automatica del deficit pubblico scritto nella Costituzione per cui in tempi normali a partire dal 2016 lo stato federale non può indebitarsi che fino al limite dello 0,35% del pil. La clausola Merkel prevederebbe che “in circostanze eccezionali” il tetto possa essere sforato (ma solo a patto che gli anni successivi la correzione di bilancio sia raddoppiata). Occhio alle cifre: quest’anno il deficit/pil tedesco è al 4% ma il debito/pil corre ha sfondato quota 74,2%. A Bruxelles si pensa da tempo che tra i costi della crisi ci sarà una stagione di aumento delle imposte in alcuni paesi e di limitata riduzione in altri; quasi dappertutto ci saranno tagli alla spesa pubblica che non saranno facili da attuare e far approvare dalle opinioni pubbliche. Nessun ministro, però, vuole aprire per primo una discussione seria e chiara per coordinare davvero tali “exit strategy”. Molti evocano la necessità di un coordinamento, di una linea europea che al momento, però, non c’è.
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