Vertice Europa, a Chisinau cercasi stabilità disperatamente

 

 La riunione dei responsabili di governo di 47 paesi europei nella capitale moldava è la seconda della Comunità politica europea, il forum intergovernativo originato dall’idea lanciata dal presidente francese Emmanuel Macron tre mesi dopo l’invasione russa dell’Ucraina con l’obiettivo di permettere un confronto strategico sul futuro del continente. All’ordine del giorno pace e sicurezza, energia/clima, interconnessioni per “la stabilità continentale”: sono temi che rimandano direttamente alla guerra in Ucraina e all’allargamento dell’Unione europea e della Nato (sarà il tema del vertice dell’Alleanza atlantica a luglio), al confronto sulle relazioni “esterne” dell’Europa intesa come soggetto globale (non solo Russia, ma anche Cina e Stati Uniti) per assicurare “sicurezza e stabilità” nel continente.

  Non sono previste conclusioni concrete: la Comunità politica europea non è un forum organizzato, con un segretariato, non ci sono norme comuni per farla funzionare, non c’è un bilancio. È uno strumento (un po’ meno, forse per ora sono un “luogo”) per estendere il più possibile la platea del confronto politico sulla sicurezza continentale (non sono invitati Russia, Bielorussia e Kazakistan) evitando di caricare tutte le aspettative su un rapido allargamento dell’Unione europea, che così com’è attualmente non sarebbe in grado di soddisfarle, oltretutto senza rischi di destabilizzazione degli attuali equilibri politici ed economici tra i Ventisette stati membri. E anche per riconfigurare un dialogo politico continentale collettivo cui partecipino a pieno titolo Londra e Ankara.

  Da Mosca il vertice viene visto come una provocazione ed è facile capire il motivo: emblematicamente, ha luogo al Castello di Mimi, molto vicino alla Transnistria, regione separatista che appartiene giuridicamente alla Moldavia ma sotto controllo delle truppe russe, uno dei “conflitti congelati” dell’era post sovietica. “Una pedina nel più ampio scacchiere del conflitto in corso” in Ucraina, secondo Francesco Magno dell’Ispi. Vista da diverse capitali dell’Est dell’Unione europea (Polonia e Ungheria, per esempio) è una occasione per affermare l’importanza di creare dei luoghi di confronto diversi se non parzialmente alternativi alla Ue liberati dai “vincoli” burocratici di Bruxelles (ma non dei vantaggi economici derivanti dalla partecipazione al mercato unico) con grande plauso di Londra. Visto dai paesi che vogliono entrare nella Ue, si teme che in fondo, l’Epc (European Political Community) possa essere una specie di nobile parcheggio: nonostante le assicurazioni della Ue, qui si trova il motivo della proposta della presidente della Commissione von der Leyen di anticipare alcuni dei vantaggi della partecipazione al mercato unico per i paesi candidati all’adesione. Al vertice di domani non si parla di economia, pur tuttavia l’economia costituisce il terreno in cui si concretizzeranno molti degli obiettivi di cui si sta parlando, basti pensare alla ricostruzione dell’Ucraina, alla riduzione della dipendenza energetica dalla Russia, all’idea della Commissione di un “piano per la crescita” dei Balcani occidentali.

 Per la Moldavia, il paese più povero del continente che teme di finire destabilizzata e soffocata dalla Russia, il vertice è considerato una pietra miliare dell’inizio del viaggio che dovrebbe portarla (nel giro di molti anni) a far parte dell’Unione europea. Per Parigi e Berlino è importante consolidare un forum che rifletta compiutamente il continente perché la Ue non può essere la sola istituzione che possa strutturarlo e rappresentarlo (soprattutto dopo la Brexit) e perché con l’informalità tra i massimi leader potrebbe essere (ri)costruito un sistema fiduciario (secondo Macron anche di valori) travolto non solo dalla guerra russa. Le “fasce” esterne del continente verso Est e Sud-Est del continente risultano troppo instabili per limitarsi a trattare pigramente gli affari correnti della Ue soprattutto con una guerra in corso in Ucraina e la rottura di dimensioni epocali con la Russia, con Cina e Turchia attivissime nei Balcani occidentali.

 Hans Kribbe, Sébastien Lumet e Luuk van Middelaar, fondatori del Brussels Institute for Geopolitics, hanno messo in luce come la Comunità politica europea sarebbe per l’Europa «un’incarnazione più antica di se stessa”, la riscoperta “dell’antico manto diplomatico di un sistema politico di stati sovrani governato da vertici informali, norme di uguaglianza e importanza della fiducia” e identificare i termini della cooperazione per interessi strategici comuni. È un po’ il percorso fatto dal G6-G7 negli anni ’70 dopo la crisi petrolifera. L’obiettivo è “riaggiustare l’ordine europeo, ricostituire un spazio paneuropeo di appartenenza e di eguaglianza” per una collaborazione intergovernativa su temi della sicurezza. La Ue, in sostanza, non è il solo campo di gioco continentale. Tuttavia, la pressione per entrarvi di tanti paesi che non ne fanno parte, resta forte. Come si vede, si tratta di obiettivi e attese molto diversi tra loro che per ora non trovano una sintesi.