La clausola di recesso, di fuga o di sospensione che dir si voglia delle regole del patto di stabilità. Un ruolo del Meccanismo europeo di stabilità per intervenire nella crisi attuale a condizioni diverse dai classici programmi di salvataggio tipo Grecia. L’apporto della Banca europea degli investimenti. L’idea di un “coronabond”. È questo l’armamentario in parte già definito per far fronte all’urgenza e in parte ancora da decidere, da negoziare, a disposizione dell’Eurozona e della Ue per fronteggiare la situazione economica che peggiora di giorno in giorno man mano che si espande la paralisi dell’attività. In soli quattro giorni la Commissione europea è passata dalla posizione “siamo pronti ad attivare la clausola per sospendere l’aggiustamento di bilancio” all’annuncio ieri di Ursula von der Leyen: “Presenteremo una proposta al Consiglio nei prossimi giorni” (probabilmente la prossima settimana, magari anche prima). Si va dunque verso lo stop generalizzato (per tutti gli Stati) del consolidamento di bilancio per quest’anno. Poi si vedrà che cosa succederà. Non è chiaro e ci saranno “tetti” più o meno segreti negoziati con i governi per evitare sforamenti eccessivi, ma oggi la priorità è finanziare misure pubbliche per evitare un tracollo economico.
La prima fase dell’operazione flessibilità è già partita con lo scambio di lettere tra Roma e Bruxelles sull’aumento del deficit/pil al 2,7% quest’anno con l’autorizzazione – ancora non formalizzata ma solo annunciata dalla Commissione – a maggiore disavanzo pari all’1,1% del pil (20 miliardi di euro). Alla richieste dell’Italia ne seguiranno altre: la Francia, per esempio, alle prese con una recessione con una perdita di pil calcolabile finora dell’1%, ha deciso un pacchetto di 45 miliardi di euro. Il deficit arriverà al 3,9% del pil e il debito supererà quota 100%. La Spagna ha preparato interventi per 17 miliardi. Siamo all’uso normale della flessibilità con cui vengono interpretate le regole di bilancio. Normale vuol dire che ci si tova nell’ambito di una risposta fiscale per gestire l’emergenza e l’impatto economico immediato dell’espandersi del coronavirus, considerato inequivocabilmente un “evento straordinario al di fuori del controllo dei governi”. Situazione che rende possibile una correzione del consolidamento di bilancio previsto. Questa era la linea venerdì scorso. Tempo due giorni e la musica è cambiata con l’Eurogruppo che lunedì ha accolto “con favore la disponibilità della Commissione ad attivare la clausola generale di ‘fuga’, consentendo ulteriori stimoli discrezionali, preservando nel contempo la sostenibilità a medio termine”. E ieri la conferma di von der Leyen: a giorni la decisione formale di attivarla. Ciò permetterà di sdoganare le correzioni alle leggi di bilancio con manovre espansive di notevole portata che complessivamente finora arriverebbero secondo i calcoli dell’Eurogruppo a misure fiscali del valore di circa l’1% del pil di ogni Stato in media per sostenere l’economia e di circa il 10% del pil in termini di garanzie e rinvio dei versamenti al fisco.
Il ricorso alla clausola generale che ha valore “universale”, nel senso che sarà applicata a tutti gli Stati membri, è un passaggio ulteriore con il quale di fatto saranno sospese le regole di bilancio, anche se il termine sospensione, stop, viene respinto dalla Commissione con l’argomento che si tratta di applicare una regola espressamente indicata nella legislazione europea. Lo ha spiegato il videpresidente Dombrovskis. Questo il riferimento dell’articolo 5 paragrafo 1 del regolamento 1466/97 sulla sorveglianza di bilancio: “Qualora si produca un evento inconsueto al di fuori del controllo dello Stato membro interessato che abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale di detto Stato o in caso di grave recessione economica della zona euro o dell’intera dell’Unione, gli Stati membri possono essere autorizzati ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento all’obiettivo di bilancio a medio termine di cui al terzo comma, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa».
Sulla base di questa clausola mai applicata finora, Bruxelles darà il via libera alla spesa in deficit per evitare che il continente si avviti in una crisi economica peggiore di quella finanziaria e del debito sovrano. Ci si chiede se ci sarà un limite ai deficit sulla base della situazione specifica dei vari Paesi. Risulta che su questo la discussione sia tuttora in corso. C’è una difficoltà oggettiva: non si sa quanto dovranno spendere gli Stati perché non si conosce l’evoluzione della crisi sanitaria. Certamente l’impatto sui bilanci sarà asimmetrico: chi ha margini di bilancio ricorrerà a deficit contenuti (Germania); chi non li ha come l’Italia è destinato a superare il 3% e proiettare il debito in area 140% del pil.
A quanto risulta a Il Sole 24 Ore Radiocor i dettagli sul modo in cui la clausola sarà attuata non sono stati ancora definiti. C’è un legame stretto tra il via libera ai deficit per fronteggiare sia le spese per l’emergenza (intervento a breve) sia le misure di sostegno all’economia (in un orizzonte che va oltre il breve periodo) e la discussione aperta sull’uso del Meccanismo europeo di stabilità in questa crisi. Non è evidente però né il modo in cui il Mes potrebbe intervenire nè qual può essere il compromesso possibile tra i governi. Nella discussione tra i leader di ieri il tema Mes ha trovato lo sbarramento olandese e il silenzio tedesco. Il ministro delle finanze Scholz aveva indicato ancor prima del videovertice Ue che un dibattito sul Mes era “prematuro”.
Da un lato bisogna tenere conto della resistenza tedesca a rendere tutti gli strumenti di sorveglianza fiscale e finanziaria estremamente e universalmente flessibili; dall’altro lato le cose stanno peggiorando per tutti e seriamente, Germania compresa. Le posizioni di un giorno rischiano di non reggere una settimana. Mentre fino a ieri la scelta era tra flessibilità delle regole di bilancio e la forma estrema della “clausola di fuga”, ora che si sta procedendo verso quest’ultima si apre il capitolo Mes. Preoccupati che la linea appena decisa non basti. L’Eurogruppo da dato alla Commissione e allo stesso Mes un ampio mandato a definire delle opzioni. Il fondo salva-Stati può mobilitare 410 miliardi di euro: il problema è a quali condizioni può intervenire con le sue linee di credito. È evidente che non possono valere le condizioni estremamente restrittive previste per la ‘facility’ rafforzata dato che la ragione della crisi non è interna al Paese in difficoltà ma importata dall’esterno e di dimensioni potenzialmente catastrofiche. Si tratta di una linea di credito che permette l’accesso alle Omt della Bce, le operazioni di ammontare illimitato lanciate nel 2012: il solo effetto annuncio calmierò i mercati. Non sono mai state attuate.
“Non penso che il problema sia espandere il ruolo del Mes, ma il modo in cui possiamo usare strumenti non tutti utilizzati in passato in un tipo diverso di crisi, che comporta choc asimmetrici, in un periodo in cui tutti gli Stati continuano ad avere accesso al mercato, i tassi di interesse sono bassi, un contesto molto diverso rispetto a quello di dieci anni fa”, ha spiegato il direttore generale del Mes Klaus Regling. Una cosa è certa: sia Commissione che Mes ritengono che se il fondo salva-Stati interverrà dovrà farlo a beneficio non di un singolo Paese in maggiori difficoltà rispetto agli altri (l’esempio numero 1 è l’Italia dato che il debito/pil già elevato è destinato ad aumentare), ma almeno di diversi Stati, per evitare che un solo beneficiario resti sotto il tiro dei mercati con un’ondata di sfiducia generalizzata. Meglio ancora se finanziasse iniziative di carattere più generale. Il Mes potrebbe essere l’emittente di un coronabond: la proposta l’ha lanciata il premier Conte, piace alla Francia che però vedrebbe un ruolo per la Bei, piace alla Spagna. Per il fronte del Nord l’emissione di debito comune è sempre stato un boccone indigesto e non ha mai voluto assaggiarlo. Così come la clausola di “fuga” sul patto di stabilità è per questo fronte preferibile all’intervento del Mes, un intervento del Mes o un ulteriore potenziamento della Bei potrebbe a un certo punto essere preferibile al coronabond se la situazione dovesse effettivamente peggiorare.
Per la Commissione, almeno nella visione espressa dal responsabile dell’economia Paolo Gentiloni, non bisogna rinunciare a definire uno stimolo fiscale rilevante di taglia europea usando tutti gli strumenti disponibili (contemporaneamente). Con due obiettivi: collegare le misure per l’emergenza a quelle per sostenere l’economia nel medio periodo; alleggerire il peso dello sforzo finanziario che grava sugli Stati. Un modo anche per evitare il rischio di crisi sulla gestione del debito quando il coronavirus sarà debellato.