Grecia, un ‘paper’ che farà discutere. Solo un quinto dei prestiti alle banche ‘estere’

La storia economica non ha mai visto una operazione di salvataggio delle dimensioni finanziarie di quelle raggiunte dal caso greco. La ristrutturazione del debito del 2012 è stata la più ampia di questo tipo. Solo il 22,3% del totale dei prestiti dell’Eurozona e del Fondo monetario internazionale dovrebbe essere andato alle banche estere che detenevano debito greco. Il salvataggio della Grecia, con l’invenzione di un “prototipo” di Fmi europeo (l’European Stability Mechanism), rappresenta la prima applicazione su larga scala del principio degli Eurobond. Sono queste le conclusioni cui arriva un ‘paper’ appena pubblicato dall’European Policy Center di Bruxelles, frutto di una lunga elaborazione di Fabio Colasanti, già direttore generale della Commissione europea, esperto di telecomunicazioni e per vent’anni macroeconomista agli Affari economici e finanziari. E’ un viaggio nei tre programmi di assistenza alla Grecia che contesta i giudizi estremi e cerca di correggere “un considerabile numero di informazioni sbagliate”. Il ‘paper’ non mancherà di far discutere.

L’obiettivo di Colasanti è smontare l’idea, accreditata anche dal premier greco Tsipras, che i fondi del triplo salvataggio del paese non è mai finito a beneficio della popolazione, ma è andato invece a beneficio delle banche elleniche ed europee. Un’affermazione che, sulla base dei dati e delle analisi proposte dal ‘paper’, non ha fondamento così come non ha fondamento l’idea che l’intervento dei governi e del Fmi è stata esclusivamente centrata sul debito, che pochi fondi sono stati usati per finanziare la spesa pubblica, che è stato fatto poco o nulla per alleviare il peso del debito. Il ‘paper’ non si occupa delle politiche economiche della Troika, ma solo delle modalità degli interventi finanziari dalle quali però si può capire un aspetto importante della gestione della crisi greca.

LA DIMENSIONE – I 302 miliardi di prestiti dei tre programmi (in realtà si tratta di 278 miliardi netti se si tiene conto che durante il secondo e il terzo programma la Grecia avrà rimborsato in totale 23,5 miliardi al Fmi) rappresentano quasi il doppio del bilancio Ue nel 2015 e oltre il 120% del pil greco a valori 2010, cioè prima della caduta verticale del prodotto, e al 170% a valori 2015. Il sostegno finanziario all’Irlanda è stato pari al 41% del pil del paese, quello al Portogallo equivaleva al 43%, quello a Cipro al 55%.

I TASSI – Le scadenze del primo prestito Eurozona di 52,9 miliardi si collocano tra il 2020 e il 2041, quelle del secondo programma di 130,9 miliardi fra il 2023 e il 2054, quelle del terzo programma di 86 miliardi fra il 2034 e il 2059. Il rimborso dei prestiti Fmi per un totale di 32,1 miliardi, cominciato a fine 2013, continuerà fino ad agosto 2030. Il tasso di interesse sul primo prestito bilaterale di 52,9 miliardi nel 2010 è pari all’Euribor a tre mesi più 50 punti base: a dicembre 2015 era di poco inferiore a mezzo punto percentuale. A giugno 2015 il tasso medio sui prestiti Efsf era dell’1,35%, ma i pagamenti degli interessi su 96,3 miliardi rispetto a un totale di 130,9 miliardi sono stati ritardati a dicembre 2022. Gli 86 miliardi del terzo prestito hanno un tasso di interesse fondato sui costi dell’Esm. Sulla ‘tranche’ pagata lo scorso agosto era di circa l’1%. Più cari, come è noto, l’onere per i prestiti Fmi: costi di finanziamento più 330 punti base: a dicembre 2015 il tasso era attorno al 3,6%.

La media del tasso di interesse che la Grecia paga sul suo debito pubblico è “sostanzialmente più basso di quelli pagati da altri Stati con difficoltà di finanza pubblica”, nota Colasanti. Nel 2014 la media per la Grecia è stata del 2,2%, mentre Irlanda e Italia pagavano un tasso medio del 3,6% e il Portogallo del 3,9%. “E’ vero che gli interessi sono un onere pressante per la Grecia, ma tale onere è inferiore a quello di altri paesi della zona euro inclusi quelli che hanno un debito/pil inferiore”. La cosa certa è che, se inizialmente le condizioni dei prestiti dei governi erano più vicine agli standard Fmi, le condizioni attuali sono più vicine a quelle praticate dalla Banca Mondiale per i prestiti ai paesi a basso reddito.

Il rimborso del debito principale, è scritto nel ‘paper’ dell’Epc, “non costituisce un problema di politica economica nel breve e nel medio periodo”: la Grecia deve rimborsare circa 19 miliardi al Fmi di cui, 8,5 miliardi entro agosto 2018 e il resto entro metà 2030. I rimborsi agli Stati Eurozona cominceranno nel 2020 per concludersi nel 2059.

BANCHE – Stando alla ricostruzione di Colasanti poco meno della metà del totale del sostegno finanziario alla Grecia sarà alla fine usato per interventi sul debito, l’altra metà servirà a finanziare la spesa pubblica che lo Stato greco non può finanziare sul mercato. La quota che andrà ai detentori privati di titoli ellenici sarà pari a circa un terzo del totale. E la quota che andrà alle banche non greche dovrebbe arrivare fino al 22,3%. Il 55,9% del totale degli aiuti è previsto essere usato a favore dell’economia greca, compresa la spesa per ricapitalizzare le banche elleniche, cosa che non può essere considerata “altra” rispetto alla necessità di stabilizzare l’economia. Il resto degli aiuti serve a fronteggiare il debito (detenuto all’80% da creditori pubblici).

“Il fatto che le banche di Germania, Francia, Italia e Belgio non siano state grandi beneficiarie dell’assistenza europea nella misura che molti credono non significa che non abbiamo fatto il loro meglio per rafforzare tutte le preoccupazioni sulle conseguenze di un default della Grecia e che la decisione presa non sia stata influenzata dalla loro lobby”, concede Colasanti.

DEBITO – Il taglio del debito attraverso il coinvolgimento dei privati nel 2012 è stato pari al 65% del pil (più ampio del taglio del debito tedesco nel 1953 (15% del pil) e anche dell’operazione sempre sul debito tedesco del 1932-1933. In termini reali il taglio è stato di 97 miliardi. La quota più ampia dei bond allora era detenuta dalle banche elleniche. Nel 2009 la quota di bond a lungo termine detenuti da non residenti in Grecia era il 70% del totale, ma nel 2012 era già scesa al 50-60%.

Il tema dell’ulteriore alleggerimento si porrà tra qualche settimana dopo la chiusura positiva (se sarà tale) della prima verifica del programma economico tuttora in corso. Il ri-profilo del debito, con un allungamento delle scadenze accompagnato da una nuova forte riduzione dei tassi di interesse, può avere, indica il ‘paper’, gli stessi effetti economici di un taglio secco, “ma risulterebbe quasi invisibile: ogni perdita sulla differenza nei tassi attivi e passivi sarebbe spalmata su trent’anni e la perdita del valore reale dell’ammontare rimborsato non apparirebbe mai nel bilancio”. Quindi è politicamente perseguibile.

L’EUROBOND GRECO – Attraverso i prestiti dei governi via Esm la Grecia ha finanziato la spesa pubblica, la ristrutturazione e il rimborso del suo debito, a condizioni di mercato disponibili all’insieme dei paesi della zona euro (e anche più favorevoli), nota Colasanti. Se non è questa l’applicazione del principio di Eurobond…