Con ogni probabilità mercoledì prossimo, se non prima indicano fonti comunitarie, l’esecutivo europeo pubblicherà l’analisi e le relative raccomandazioni alla Spagna sulla legge di bilancio 2016. Ciò che non si sa ancora è se analisi e raccomandazioni saranno corrette rispetto alle anticipazioni. Qualche giorno il responsabile degli affari economici Moscovici aveva annunciato fuoco e fiamme annunciando che il governo spagnolo sta rischiando di non rispettare gli obiettivi di bilancio né quest’anno né l’anno prossimo. Risultato: Madrid ha gridato allo scandalo, spalleggiata (una vera novità) dal ministro delle finanze tedesco Schaeuble. Di li a poco, la Commissione ha rinviato la decisione. L’epilogo del caso servirà a capire se il contesto politico nel quale Bruxelles giudicherà le leggi di bilancio dei paesi più sensibili (quella italiana compresa) è favorevole alla concessione della massima flessibilità possibile oppure se gli spazi sono un po’ più stretti di quanto si pensi. Uno dei punti forti della ‘finanziaria’ spagnola è il taglio delle imposte.
Il caso spagnolo ha tenuto banco per diversi giorni tra gli addetti ai lavori. I tempi stringono: fra due mesi in Spagna si vota e il parlamento resterà aperto solo altre due settimane. Di qui la necessità della Commissione europea di valutare la ‘finanziaria’ 2016 prima di quelle degli altri paesi (il giudizio sarà dato all’inizio di novembre, l’Eurogruppo ne discuterà il 23 novembre in una riunione speciale).
Lunedì scorso Pierre Moscovici, responsabile degli affari economici, ha suonato l’allarme così: “La valutazione della Commissione conferma il rischio di non rispetto del patto di stabilità nei due anni”, queste le parole del commissario francese.
Secondo i calcoli degli economisti della Dg affari economici, il deficit spagnolo raggiungerebbe il 4,5% del pil nel 2015 invece del 4,2%, nel 2016 scenderebbe al 3,5% contro un obiettivo del 2,8%.
Immediate le reazioni del ministro delle finanze De Guindos, sulla scorta di esplicite dichiarazioni di Schaeuble: “La Spagna ha chiaramente agito tenendo conto delle regole europee, sono un po’ sorpreso di vedere che la Commissione prende una linea più critica, ha detto il ministro tedesco”. Due giorni dopo, il dossier Spagna era stato cancellato dall’ordine del giorno della Commissione europea con la scusa: abbiamo bisogno di più tempo.
Il presidente della Commissione Juncker, strenuo difensore della flessibilità nell’interpretare le regole sui bilanci, è accorso subito in difesa della Spagna e sembra che anche il vicepresidente Dombrovskis, capofila dell’interpretazione più ortodossa del patto di stabilità, sia stato d’accordo sulla necessità di prendere tempo. Obiettivo non esplicitato, aggiustare almeno il messaggio politico da inviare a Madrid se non proprio levigare qui e là la valutazione economica della legge di bilancio.
Sia Juncker che Dombrovkis fanno parte del partito popolare, come il premier spagnolo Rajoy e il Partito popolare spagnolo rischia di subire un serio colpo elettorale. Dato che Moscovici è socialista, ecco da dove trae origine la lettura estremamente politicizzata della vicenda. Se si scoprisse che la Spagna non è poi così un modello perfetto di resurrezione della crisi finanziaria, non sarebbe un ottimo argomento per Podemos e i socialisti?
Secondo altri, la vicenda riflette la dialettica tra servizi della Dg affari economici e il livello politico della Commissione: l’applicazione concreta delle interpretazioni flessibili delle regole è diventata sempre più complicata dal punto di vista tecnico, trovare la coerenza tra tutti gli elementi del sistema è ormai un terno al lotto perché i confini fra ciò che rispetta il patto di stabilità e ciò che non lo rispetta risultano sempre più ballerini.
La conferma o meno del giudizio allarmato della Commissione sulla Spagna dirà qualcosa anche altri paesi, principalmente Italia e Francia, anche se a Bruxelles la linea ufficiale è che le regole si applicano per tutti allo stesso modo e che ogni caso è diverso dagli altri. Per ora sia a Parigi che a Roma ci si rallegra del fatto di non essere i soli ad avere i fari europei puntati contro. L’Italia, poi, si trova in realtà in una posizione molto più favorevole: il deficit/pil è sotto il 3%.
La sensazione è che per la Commissione non siano venuti meno i motivi per mantenere la barra del timone verso la flessibilità, a patto che gli impegni di consolidamento siano credibili e misurabili. L’ultimo commento di Moscovici sul progetto di bilancio italiano è: sulle coperture delle spese o per le mancate entrate non si può sgarrare.