Oltre Atlantico si parla di vero e proprio attacco europeo a un gruppo multinazionale americano, anche se i toni sono un po’ diversi rispetto ai tempi del blocco della fusione General Electric-Honeywell (allora era Mario Monti il guardiano della concorrenza europea). Di certo, dopo l’urto Bruxelles-Microsoft, che è costato al gruppo di Bill Gates multe per circa 2 miliardi di euro, la decisione della Ue di mettere Google con le spalle al muro due volte sotto l’accusa di abuso di posizione dominante, per aver favorito sistematicamente il proprio prodotto per gli acquisti comparativi nelle sue pagine web generali e sotto il sospetto di aver concluso accordi anticoncorrenziali nel settore dei servizi operativi, applicazioni e servizi per i dispositivi mobili ‘intelligenti’ (Android), è destinata a suscitare un vespaio di polemiche euro-americane. Anche perché la Commissione federale del commercio Usa aveva chiuso la sua inchiesta antitrust concludendo di non aver trovato prove di abusi nella ricerca online. Google rischia una multa che può arrivare fino a circa 6 miliardi di euro (il 10% del giro d’affari globale), ma non è affatto detto che ci si arrivi perché ora si apre il negoziato: “Una comunicazione di obiezioni è un invito per una audizione e io invito Google a usare tutte le opportunità, tutto è aperto, non bisogna chiudere alcuna”, ha indicato la responsabile della concorrenza Margrethe Vestager.
La commissaria danese ha usato toni duri: “Sono preoccupata che Google abbia accordato un vantaggio sleale al proprio servizio di acquisti comparativi in violazione delle norme antitrust europee, se l’indagine dovesse confermare i nostri timori, Google dovrebbe affrontare le conseguenze giuridiche e cambiare il suo modo di operare in Europa”. Vestager, però, ha lasciato tutte le porte aperte. Nel tentativo di stroncare sul nascere polemiche intercontinentali al vetriolo, di cui l’Europa non ha certo bisogno nel momento in cui è in corso il difficilissimo negoziato commerciale Ue-Usa, ha tenuto a precisare: “Né io né li miei figli diciamo mai che una tale impresa è europea o americana, usiamo Google perché offre degli ottimi prodotti”.
Vediamo i diversi aspetti del complicato dossier Google. La lettera di obiezioni riguarda i servizi per gli acquisti comparativi, che permettono ai consumatori di cercare prodotti sui siti web per acquisti confrontando i prezzi proposti dai diversi venditori. L’indagine dell’Antitrust europeo cominciata quattro anni e mezzo fa è arrivata alla conclusione che Google “favorisce sistematicamente” il proprio prodotto (oggi è denominato “Google Shopping”) nelle pagine generali che mostrano i risultati delle ricerche. Il metodo è semplice: “Google Shopping” viene messo in primo piano sullo schermo. In tal modo, Google può “deviare artificialmente” il traffico dai servizi di acquisto comparativo concorrenti impedendo loro di competere. L’abuso di posizione dominante deriva dal fatto che il 90% delle ricerche su internet nella maggior parte dei paesi europei passa da Google.
In sostanza, Bruxelles ritiene che gli utenti non riescano sempre a vedere i risultati più rilevanti delle loro ricerche. In linea di principio il rimedio appare semplice: Google deve accordare lo stesso trattamento ai propri servizi di acquisto comparativo e a quelli dei concorrenti, senza alcuna differenza. A nulla quindi sono valsi i diversi tentativi del predecessore di Vestager, lo spagnolo Joaquin Almunia, di arrivare a un accordo sui rimedi sulla base di ipotesi respinte dai concorrenti e fortemente avversate da diversi governi (Francia e Germania in primo luogo). Google ha ora dieci settimane di tempo per rispondere agli addebiti della Commissione e può chiedere un’audizione formale. L’indagine antitrust sul comportamento di Google relativo al sistema operativo mobile Android è distinta dalla ‘lettera di obiezioni’: Bruxelles vuole verificare se Google ha violato le norme antitrust impedendo lo sviluppo e l’accesso al mercato di sistemi operativi, applicazioni e servizi mobili concorrenti, a danno dei consumatori e delle società di sviluppo di servizi e prodotti innovativi. Dal 2005 lo sviluppo del sistema operativo mobile Android, sistema ‘open-source’ che può essere liberamente usato e sviluppato da chiunque. è controllato da Google. La maggior parte dei produttori di smartphone e tablet usa il sistema operativo Android in combinazione con una serie di applicazioni e servizi di cui è proprietaria Google. Per questo è necessario stipulare accordi con Google per ottenere il diritto di installarne le applicazioni sui dispositivi Android. Bruxelles intende mettere ai raggi x proprio le condizioni di tali accordi. Non ci sono scadenze per completare l’inchiesta per pratiche anti-concorrenziali come quella sospettata, la sua durata, indica la Commissione, “dipende non solo dalla complessità del caso, ma anche dal grado di cooperazione del gruppo americano”.
Infine, restano in piedi altri tre aspetti del complesso dossier Google. La ‘lettera di obiezioni’ di oggi riguarda soltanto uno dei quattro elementi sui quali la Commissione europea indaga da novembre 2010. Gli altri tre elementi riguardano la pratica di favorire, nei suoi risultati generali di ricerca, altri propri servizi di ricerca specializzati rispetto a quelli dei concorrenti, la copiatura di contenuti web dei concorrenti (pratica nota come “scraping”), l’esclusività pubblicitaria e le restrizioni indebite imposte agli inserzionisti.