Il governo francese e’ in allarme, quello italiano aspetta di vedere che cosa uscira’ dalla Commissione prima di pronunciarsi, il governo tedesco sembra soddisfatto per aver impedito l’uso del Fondo salva-Stati (Esm) per gli investimenti. La cosa certa e’ che il piano da 300 miliardi per rilanciare gli investimenti e’ al centro di febbrili contatti politici e di un lavoro tecnico che gli addetti ai lavori indicano essere ancora in corso. Stando a indiscrezioni circolate ultimamente i fondi nuovi ammonterebbero a 10 miliardi di euro sui quali sarebbe chiesto un impegno agli Stati, a questi dovrebbero essere aggiunti almeno venti miliardi provenienti da poste gia’ previste dal bilancio Ue. Potrebbero essere anche il doppio. Il centro motore dell’operazione sarebbe la Bei con l’istituzione di una entita’ ad hoc. L’idea sulla quale lavora la Commissione sarebbe lo sfruttamento al massimo dell’effetto leva dei fondi pubblici per attrarre nel finanziamento dei progetti capitale privato: l’ipotesi e’ un effetto leva fino a 10 (dieci euro di capitale privato per 1 euro di capitale pubblico), con una leva media fino a 7. Secondo il governo francese, pero’, sarebbe necessario dirottare almeno 80 miliardi di fondi ‘reali’ perche’ l’operazione investimenti abbia successo: ‘Temo che il piano possa deludere, sono preoccupato anche se non ho evidenza del fatto che sara’ cosi”, ha dichiarato il ministro dell’economia francese Emmanuel Macron.
La questione del moltiplicatore e’ decisiva perche’ su questo si fonda l’intera operazione Ue: in fase di ristrettezza di bilancio (anche europeo) la mobilitazione del capitale privato e’ lo scopo principale deimarchingegni finanziari che si stanno studiando a Bruxelles e Lussemburgo, dove ha sede la Banca europea degli investimenti. L’effetto leva per le iniziative a sostegno delle pmi della Bei si attesta su un moltiplicatore grossomodo fra 4 e 5. Un anno e mezzo fa Bei e Commissione avevano indicato tre opzioni con risultati diversi in termini di moltiplicazione dei capitali ‘mobilitabili’, una garanzia congiunta per le pmi combinata con una cartolarizzazione congiunta per nuovi prestiti, mettendo insieme 75% di garanzie e 25% di cartolarizzazione, 10 mld di fondi strutturali piu’ 420 milioni di fondi di Cosme (fondi europei per pmi) e Horizon 2020 (fondi europei per ricerca e innovazione) combinati con le risorse della Bei genererebbero prestiti alle imprese per 55-58 miliardi con un effetto leva di 1 a 5 (580 mila pmi beneficiate). Se tale strumento permettesse la cartolarizzazione dei prestiti esistenti oltreche’ dei nuovi l’effetto leva salirebbe a 6 (650 mila pmi beneficiate). Se ci fosse anche la condivisione del rischio l’effetto leva salirebbe a 10 (un milione di pmi beneficiate).
L’Europarlamento sta cercando di marcare stretto Jean Claude Juncker che, sul piano degli investimenti da 300 miliardi, si gioca la sua prima prova di credibilita’. I gruppi parlamentari che hanno avuto un ruolo decisivo nella sua elezione, cercano di intervenire il piu’ possibile prima che la Commissione decida. Via via i grandi gruppi politici (Ppe, Pse e liberali) hanno approntato delle proposte a Juncker con scambi di lettere da un ‘palazzo’ all’altro, frequenti contatti. Il gruppo socialista, al contrario del popolare, ritiene fondamentale che l’operazione investimenti deve avere come complemento delle indicazioni precise per usare tutta la flessibilita’ possibile del patto di stabilita’ sui bilanci. Secondo il caporuppo socialista Gianni Pittella ci sarebbero ‘degli spiragli impensabili fino a qualche mese fa’ sul trattamento delle spese degli Stati per i progetti in questione e nell’ambito del piano Juncker ai fini dei conteggi sul deficit. Resta al momento imprecisato il dettaglio e questo non e’ cosa da poco. Non si sa per esempio se sara’ rinverdita in qualche modo la clausola degli investimenti a suo tempo esclusa per l’Italia perche’ quanto avrebbe ‘scontato’ in termini di deficit aggiuntivo equivaleva grossomodo al taglio al deficit necessario per approfittare di quella stessa clausola. Certamente l’idea di una ‘golden rule’ per scontare la spesa per investimenti produttivi dalle regole di bilancio non e’ mai passata finora e non sembrano esserci spazi perche’ possa rientrare dalla finestra per la decisa opposizione tedesca e del solito ‘fronte del Nord’.
Il tentativo di una parte del Parlamento e di alcuni governi (l’Italia in primo luogo) e’ creare un nuovo spazio per far passare il principio in base al quale la spesa per alcuni investimenti di carattere e interesse europeo, strettamente concordati a livello Ue, sia possibile sfuggire alle maglie dei calcoli per assicurare gli aggiustamenti del bilancio. ‘Bisognerebbe avere lo stesso approccio che ha Mario Draghi sulla politica monetaria in questa fase all’insegna del ‘whatever it takes’ per preservare l’euro – sostiene l’eurodeputato socialista Renato Soru -, fare tutto cio’ che e’ necessario per rilanciare la crescita economica’. Quindi creare delle ‘aperture’ sugli investimenti. Il Ppe insiste sulla necessita’ di non condurre in porto operazioni a debito.