Non ci sono immediati effetti politici sul futuro di Jean Claude Juncker, né viene messa in discussione, se non da pochissimi, la sua permanenza alla guida della Commissione europea. Il confronto con l’Europarlamento ha evidenziato un fatto molto semplice: nessun gruppo politico, quando anche avesse i voti, se la sente di assumersi la responsabilità di far entrare in crisi la Commissione Juncker appena insediata, sarebbe un regalo agli euroscettici. La cosa certa è che lo scandalo LuxLeaks ha costretto la Commissione Juncker a impegnarsi con nuove proposte per fronteggiare i favoritismi fiscali. Oggi Juncker ha indicato la necessità di procedere rapidamente verso una “armonizzazione fiscale” citando come obiettivo l’accordo sulla base fiscale comune per la tassazione delle imprese, che da tempo in corso di negoziato. Poi ha rilanciato sullo scambio automatico delle informazioni tra amministrazioni fiscali sul ‘tax ruling’, cioè sugli accordi anticipati con le imprese oggi nel mirino dell’Antitrust.
Il capogruppo del Ppe Manfred Weber ha fatto quadrato in difesa di Juncker diluendo la responsabilità del Lussemburgo quale piattaforma privilegiata per quella che viene chiamata “ottimizzazione” fiscale nel problema generale della concorrenza fiscale di cui sono maestri tanti altri Stati come Olanda e Irlanda. Il capogruppo socialista Gianni Pittella ha chiesto di “definire bene la nozione di paradiso fiscale nelle legislazione europea”, che le norme rispettino il principio in base al quale “le tasse si pagano dove si fanno i profitti”. Poi ha contestualizzato il caso: “Non accettiamo di indebolire Juncker, sarebbe un regalo agli euroscettici”
I liberali vogliono che sia costituita una commissione speciale del Parlamento per approfondire la questione dei ‘tax ruling’ e chiedono anche una cosa contraddittoria: vogliono certezze sulla neutralità di Juncker rispetto alle inchieste antitrust in corso sul Lussemburgo (coinvolgono Amazon e Fiat Finance and Trade), ma gli chiedono di chiuderle entro fine anno. Delle due l’una: o Juncker è neutrale o interviene. Nella contraddizione si infila abilmente Juncker che se la cava facilmente. L’ombra della nuvola che sovrasta la Commissione, di cui parla il capogruppo liberale Guy Verhofstadt, però, c’è: Juncker dovrà dimostrare sul campo che sarà in grado di sgombrarla agendo con radicalità. Ma agire con radicalità sulle questioni fiscali si è rivelato finora impossibile (anche per il freno sempre tirato del Lussemburgo come di altri paesi). Sul fisco si decide solo all’unanimità e si continuerà a farlo. In tempi di attacco all’integrazione europea con maggiore convinzione. La variabile inattesa può essere solo l’atteggiamento delle opinioni pubbliche.