A due giorni dallo scoppio dello scandalo LuxLeaks non ci sono elementi che indichino che il ruolo di Jean Claude Juncker alla guida della Commissione europea sia in discussione. E’ un fatto pero’ che nessuno dei capi di Stato e di Governo della Ue, cioe’ i suoi ‘grandi elettori’, si e’ ufficialmente pronunciato in suo sostegno. Il tema della giustizia fiscale e’ sensibilissimo per le opinioni pubbliche di tutti i paesi europei sottoposti a dure terapie di bilancio, ultimamente solo leggermente rallentate su scala europea. Il portavoce della Commissione europea dichiara che Juncker non e’ la “lame duck” europea, non e’ un’anatra zoppa. Se la stessa Commissione europea dovesse concludere che il Lussemburgo ha concesso dei vantaggi fiscali a Fiat Finance and Trade e Amazon, violando le norme degli aiuti di Stato, e’ chiaro che la posizione di Juncker, che ha governato il Lussemburgo per 18 anni, diventerebbe ancora piu’ difficile. Dato che la sua credibilita’ risulta indebolita e’ presumibile che decida rapidamente qualche ‘colpo’ a effetto: un’idea potrebbe essere aprire un’inchiesta di settore a largo raggio sulle pratiche fiscali visto che al 2013 indagini di questa natura sono possibili anche sugli aiuti di Stato. La neocommissaria alla concorrenza Margrethe Vestager, liberale, ha indicato una strada per reagire: “Forse le tasse sulle societa’ dovrebbero essere ovunque le stesse, in modo che le imprese la smettano di impiegare un sacco di esperti e di avvocati” perche’ studino dove e come pagare meno imposte.
Che sia una liberale a porre sul tavolo l’argomento di un’armonizzazione fiscale per la tassazione delle imprese (finora sul tavolo c’e’ solo la base fiscale di riferimento) la dice lunga sui possibili cantieri che si possono aprire in conseguenza della crisi finanziaria e del peso accresciuto che hanno i temi dell’equita’ e della giustizia. I governi sono in allarme. Il ragionamento della responsabile della concorrenza Vestager, ex ministra delle finanze danesi e una dei commissari che ha convinto di piu’ l’Europarlamento per le sue capacita’ e la sua brillantezza, e’ molto importante e potrebbe segnare una vera svolta. Negli ultimi e’ cambiato completamente il modo in cui viene vista la questione della tassazione ha spiegato l’altra mattina in una conferenza a Bruxelles, “forse dobbiamo rivedere cio’ che dovrebbero essere le tasse societarie, c’e’ un appello all’azione molto, molto forte”.
La questione degli accordi fiscali caso per caso sui quali Bruxelles ha deciso di investigare (riguardano Olanda, Lussemburgo e Irlanda ma la Concorrenza sta acquisendo informazioni anche su altri paesi) e’ destinata ad aprire nuovi capitoli in una materia sensibilissima sulla quale nella Ue si decide – non a caso – all’unanimita’. Il fisco rappresenta uno dei punti nevralgici della sovranita’ nazionale assediata ormai da piu’ parti. E’ tutto da dimostrare che quegli accordi siano illegali: la difficolta’ dell’ indagine della Concorrenza sta nel fatto che va verificato ogni singolo caso, non si tratta del classico esame di una legge sulla quale ci sono dei sospetti di illegalita’. Nel caso in cui nel caso di Fiat Finance and Trade e Amazon il risultato dell’inchiesta fosse sfavorevole al Lussemburgo, Juncker non se la vedrebbe molto bene. Per questo ha tutto l’interesse a tirar fuori il classico coniglio dal cappello. Da un lato le forti ondate di euroscetticismo dilagante in Europa non giocano a favore di una maggiore armonizzazione; dall’altro lato l’intollerabilita’ sociale dei trattamenti di favore ai gruppi multinazionali e’ altrettanto e forse piu’ estesa dell’euroscetticismo. Che cosa ne risultera’ e’ presto per dirlo.
Il Lussemburgo si e’ chiuso per certi versi a riccio: il ministro delle finanze Pierre Gramegna ha rivendicato l’assoluta regolarita’ degli accordi fiscali sanciti con centinaia di imprese e ha avuto buon gioco nel ribadire che su questo terreno possono compiersi passi avanti solo se tutti fanno la stessa cosa a livello globale. Cio’ e’ vero, ma e’ anche vero che tradizionalmente il Lussemburgo, come l’Austria, si e’ sempre riparato dietro questo argomento per rallentare i processi in materia fiscale. Solo fino a quando e’ scoppiata la crisi finanziaria e sono fioccate le decisioni dei giudici americani. Pero’ Gramegna ha proposto un ragionamento impensabile fino a poco tempo fa: “Cio’ che era legale finora potrebbe forse non essere piu’ desiderabile oggi o considerato come eticamente non compatibile con la norma che pensiamo dovrebbe prevalere”. E’ un segnale che le cose sono destinate a muoversi forse rapidamente. Piu’ rapidamente di quanto e’ accaduto per il segreto bancario appena smantellato anche in Lussemburgo, che alla fine ha dovuto accettare lo scambio automatico delle informazioni fiscali.