Una delle prime cose che fara’ la nuova Commissione europea di Jean Claude Juncker, che dovrebbe insediarsi da novembre se i governi sbroglieranno la matassa delle nomine istituzionali, sara’ preparare il piano per investimenti pubblici e privati per 300 miliardi in tre anni. Presumibilmente, l’idea lanciata al Parlamento europeo incorpora il piano da 180 miliardi in tre anni gia’ definito due anni fa che fa perno sull’uso dei fondi europei e sulla Banca europea degli investimenti di cui e’ stato appena aumentato il capitale per 10 miliardi. Francois Hollande ha recentemente indicato la meta di 250 miliardi. Juncker ha alzato l’asticella. Per sapere di piu’ occorre aspettare. A Lussemburgo gli esperti della Bei sono gia’ al lavoro. Intanto emerge una proposta: il centro di ricerca parigino Cepii ha lanciato l’idea di istituire con un trattato tra gli Stati dell’euro un ‘sistema europeo delle banche di investimento’ sulla scorta dell’esperienza dei quattro ‘fondi sovrani’ nazionali (la tedesca Kreditanstalt fur Wiederaufbau, la francese Caisse des Dépots et Consignation, l’italiana Cassa Depositi e Prestiti, lo spagnolo Instituto de Crédito Oficial). Sarebbe una nuova capacita’ finanziaria europea per coordinare l’azione delle banche di investimento pubblico.
Il quadro composto dagli economisti Natacha Valla, Thomas Brand e Sebastien Doisy del Cepii, centro di ricerca sull’economia mondiale tra i piu’ attivi su scala europea, e’ raggelante: fra il picco del quarto trimestre 2007 e il punto piu’ basso del secondo trimestre 2009, negli Stati Uniti l’investimento privato reale pro capite si e’ ridotto di un quarto. Nell’Eurozona si e’ ridotto del 15% ma, ecco la maggiore preoccupazione, in Europa l’investimento privato e’ continuato a calare per molto tempo anche dopo mentre negli Usa si e’ risollevato fino a tornare adesso ai livelli precedenti la crisi. Il contrasto tra Usa e Ue in termini di pil e’ ancora piu’ evidente: l’investimento privato in Europa a fine 2012 era sotto il 19% del pil mentre negli Usa era risalito al 25%. Il ciclo prolungato di debolezza degli investimenti privati in Europa e’ aggravato dallo storico debole andamento degli investimenti pubblici sul quale si innestata la crisi del debito sovrano. In Europa negli ultimi 35 anni il tasso di investimenti pubblici rispetto al pil e’ declinato in tre tappe: all’inizio degli anni 80, a meta’ degli anni 90 e dal 2008. Un andamento che non e’ mai stato interrotto.
Gli economisti del Cepii dimostrano dati alla mano che gli investimenti pubblici e gli investimenti privati possono essere “piu’ complementari che sostitutivi” e che un aumento dei primi puo’ stimolare e non spiazzare gli altri. Un classico esempio sono gli investimenti in infrastrutture o nelle reti digitali ed energetiche. In secondo luogo possono condurre il settore finanziario privato a impegnarsi in progetti di lungo periodo e di vasta scala nei quali altrimenti non si impegnerebbe dati gli enormi rischi. Il Cepii calcola che un aumento di investimento pubblico pari all’1% del pil puo’ inizialmente aumentare la crescita del prodotto di 1,42%. Cio’ che e’ cruciale in una fase di stagnazione economica prolungata, di riduzione dell’indebitamento, in cui prevalgono comportamenti di tipo deflazionistico, di frammentazione finanziaria e di drastica riduzione del prestito bancario, e’ organizzare “la complementarieta’ tra investimento pubblico e privato”. L’idea e’ modernizzare il modello degli investitori pubblici nell’Eurozona con una scelta di tipo federale, dato che le tante iniziative comuni sono rimaste sporadiche.
Si tratterebbe di definire con un trattato un Eurosistema delle banche di investimento per coordinare l’azione delle banche pubbliche nazionali aggiungendosi alla loro capacita’ di finanziamento, canalizzando il risparmio in eccesso verso progetti. L’Eurosistema delle banche di investimento sarebbe strutturato attorno a un “centro”, Fede Fund, creato ristrutturando la Banca europea degli investimenti in una effettiva entita’ federale, naturalmente con capacita’ di emettere debito per finanziare gli investimenti su una scala rilevante (almeno il 10% del pil Eurozona). Il settore privato dovrebbe essere coinvolto in tre modi: come azionista (per contrastare le influenze politiche non deve essere escluso che abbia un controllo vicino al 50% se non superiore), come detentore di bond e come co-investitore.