Il nome e' altisonante, 'piano di azione', non ci sono cifre certe, ma la strategia di medio-lungo termine per fronteggiare la grande crisi dell'automobile europea e' quantomeno precisata. Non basta, dicono subito i costruttori, bisogna definire subito soluzioni europee per gestire gli effetti sociali ed economici delle ristrutturazioni. La Commissione cerca con difficolta' di costruire il consenso tra industria (divisa al suo stesso interno), sindacati e governi e, intanto, conferma la volonta' di agire con "realismo" tenendo conto delle esigenze di competitivita' del settore soprattutto negli accordi commerciali con i paesi terzi. Per Bruxelles un ritorno ai livelli pre-crisi "non e' atteso nei prossimi 4-5 anni".
Ci sono delle novita' e anche molte cose note nel piano di azione per l'auto preparato dalla Commissione europea. Tra le prime una di tipo politico: dopo le forti pressioni dell'industria, la Commissione indica che la risposta europea deve nell'immediato "concentrarsi sui problemi di sovracapacita', sugli aiuti di stato (quelli considerati compatibili con le norme antitrust, ovviamente) e sulle misure per la domanda". E' quello che aveva chiesto Sergio Marchionne. Tre gli appuntamenti in cui si cerchera' di trovare un minimo comune denominatore allo scopo di evitare che ogni paese apra lo sportello con Bruxelles per ottenere questo o quello per la propria casa automobilistica nazionale (rischiando magari solenni bocciature) e che si accumulino gli annunci di nuove, pesanti ristrutturazioni (si sta correndo proprio questo pericolo, indica l'Acea). Primo appuntamento a fine mese con i sindacati, poi il 6 dicembre con l'industria, quattro giorni dopo una riunione dei ministri dell'industria dedicata alla crisi dell'automobile europea. Il commissario Ue Antonio Tajani, che sta tessendo questa 'tela', ha ricordato che la Ue "non ha poteri sulle ristrutturazioni, possiamo solo accompagnarle". Ma la Ue ha potere su molto del resto: promozione degli investimenti nelle tecnologie avanzate e nell'innovazione sia dei modelli (veicoli sempre piu' 'verdi') che nei sistemi di sicurezza e di trasporto, miglioramento delle condizioni di mercato, rispetto degli obiettivi clima e anti-inquinamento, standardizzazione, commercio internazionale. Sono tutti punti decisivi, sui quali occorre agire contemporaneamente anche se nel periodo breve e medio e' sull'apertura reciproca dei mercati che possono essere ottenuti risultati.
La partita finanziaria e' in gran parte gia' disegnata: Tajani ha proposto di raddoppiare i fondi previsti nel bilancio pluriennale europeo 2014-2020 da 1 a 2 miliardi per ricerca e innovazione nel settore auto. Purtroppo e' solo una sua proposta e non e' stata esplicitata in termini numerici dal collegio. Cio' perche' il negoziato sul bilancio Ue e' tutto in salita e se si aumentano i soldi per un settore occorre toglierlo a un altro. Un miliardo in piu' mobiliterebbe, si dice, 10 miliardi di capitale privato. Tutte le speranze sono sulla Bei, che negli ultimi 4 anni ha dato finanziamento al settore auto per 14 miliardi. L'aumento di capitale di 10 mld della Banca europea degli investimenti fornisce piu' munizioni anche per l'auto. Tra le idee per migliorare le condizioni del mercato europeo test di concorrenzialita' e competitivita' alle principali iniziative politiche al fine di stimarne l'impatto specifico sull'industria automobilistica. Un caso classico di 'regolazione intelligente'. Nella comunicazione della Commissione Ue che contiene il 'piano di azione' si fa spesso riferimento al "realismo", nuova parola d'ordine della politica industriale che cerca di tenere insieme interessi competitivi delle imprese, interessi collettivi espressi nelle politiche del clima e dalle misure anti-inquinamento. Bruxelles parla di nuovo ciclo di test per misurare i consumi e le emissioni inquinanti "in un modo piu' rappresentativo della realta'" (i valori di laboratorio non sono i valori effettivi delle citta' e non tutte le citta' sono uguali), "approccio realistico" sulle emissioni di Co2 (non c'e' comunque alcun cambiamento della strategia a questo riguardo), massima attenzione nel momento in cui dovranno essere rivisti i requisiti per Euro 6 (riguardano tutte le emissioni non Co2).
Infine il capitolo commercio, in cui la politica del mercato unico si intreccia alla politica estera Ue. A parte l'impegno a intensificare il lavoro per l'armonizzazione internazionale dei regolamenti sui veicoli (secondo il principio permettere che un'auto possa essere venduta e quindi circolare dappertutto nel mondo), e' sul tavolo la questione degli accordi di libero scambio con i paesi terzi. Al 2020 il 70% della crescita mondiale sara' nelle economie emergenti, l'auto seguira' lo stesso andamento. Il mercato cinese raddoppiera' raggiungendo 30 milioni di veicoli. Il settore auto e' scottato dall'accordo con la Corea del Sud: secondo la Ue e' stato un successo, secondo i produttori, specie quelli di fascia medio bassa come Fiat e i francesi, un boomerang per l'apertura del mercato dell'auto favorisce piu' i sudcoreani. La questione e' controversa, la Commissione e' piuttosto divisa: il commissario al commercio De Gucht (liberale fiammingo) difende l'accordo e dal punto di vista dei risultati per l'insieme dell'economia europea non ha torto. Il francese Barnier (mercato interno) e Tajani hanno forti dubbi. Oggi Tajani per la prima volta ha detto che per il settore auto quell'accordo non e' stato positivo pur avendo dato buoni risultati in altri settori. "Non abbiamo cambiato linea – ha detto Tajani -, siamo tutti d'accordo che va fatta un'analisi dell'impatto degli accordi commerciali, vanno firmati solo se assicurano vantaggi reali all'industria". In cantiere c'e' il negoziato Ue-Giappone e Bruxelles vuole mettere le cose in chiaro in anticipo: i mercati devono aprirsi da una parte e dall'altra, vanno smantellate sia le barriere tariffarie che quelle non
tariffarie (in sostanza e' la strategia del disarmo bilanciato). Intanto, ecco un'altra novita', la Commissione annuncia che sara' effettuata una indagine sugli effetti nel settore auto dell'accordo di libero scambio con la Corea del Sud. Se ne conosceranno i risultati tra un anno.