Il dado e' tratto, la procedura per la 'cooperazione' rafforzata con l'obiettivo di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie in 11 paesi Ue e' avviata. Si aspetta un via libera dell'Ecofin a meta' novembre e successivamente dell'Europarlamento, dopodiche' fra un mese, un mese e mezzo al massimo la Commissione europea mettera' sul tavolo la proposta di merito: quali aliquote applicare alle transazioni su azioni, obbligazioni e derivati, qual e' il perimetro territoriale e societario di applicazione. La base di partenza e' la vecchia proposta di fine 2011: 0,1% sugli scambi di azioni, 0,01% sugli scambi sui derivati. Ma i mal di pancia sono in arrivo e gia' emerge la preoccupazione delle banche centrali. Chiarissimo quanto ha detto oggi in Parlamento il numero 3 di Bankitalia Salvatore Rossi: sono necessari "affinamenti" alla 'Tobin tax' introdotta in Italia solo qualche giorno fa. Rossi ha anche posto un problema piu' generale che inevitabilmente e' da riferire alla decisione dei paesi europei, tra cui l'Italia, di procedere a una 'cooperazione rafforzata'. In sostanza, ha ricordato il vicedirettore generale Bankitalia, "e' molto facile eludere qualunque steccato si eriga su base nazionale o anche continentale". Giusto ieri sera, poco prima di essere bocciato dalla commissione affari economici dell'Europarlamento come nuovo membro del board Bce, il lussemburghese Yves Mersch (che comunque al board Bce dovrebbe arrivare lo stesso) aveva detto chiaro e tondo che la scelta della cooperazione rafforzata non e' convincente.
Non c'e' una presa di posizione formale da parte delle banche centrali dell'Eurozona, ma da Francoforte qualche segnale e' gia' arrivato forte e chiaro. In aprile Mario Draghi si chiese retoricamente se fosse proprio "questa la via migliore per attrarre gli investitori se si vuole che tornino nell'Eurozona ". Aggiungendo: la' dove la tassazione delle transazioni finanziarie e' stata attuata, si sono verificati effetti di spiazzamento, con n incremento delle attivita' "nel settore bancario ombra". Qualche mese dopo, in luglio, probabilmente ormai convinto che sarebbe stata imboccata la strada della 'Tobin Tax', pose il problema dell'uso degli introiti: usiamoli per finanziare i fondi di risoluzione delle banche.
Si torna sempre li', al rischio spiazzamento dell'area nella quale la FTT, 'financial transaction tax', viene applicata se tutti gli altri paesi attorno e, soprattutto, nelle piazze finanziarie mondiali, non ce l'hanno o e' molto diversa e piu' favorevole a chi vive di transazioni spot (a Londra esiste la 'stampa duty reserve tax' del 5 per mille sui possessori di azioni quotate). Dall'analisi di impatto che la Commissione Ue dovra' presentare si capira' di piu': una Tobin Tax a 27 valeva 57 miliardi l'anno, una Tobin Tax a 11 varrebbe circa cinque volte meno, se i calcoli del governo francese sono giusti. Gia' questo fornisce una indicazione del dilemma: resta fuori la piazza in cui si effettua la maggioranza delle transazioni finanziarie in Europa, cioe' Londra. Benche' sia condiviso il fine (riequilibrare il carico fiscale facendo contribuire la finanza alle casse pubbliche), ci sono dei rischi cui i banchieri centrali sono molto sensibili perche' potrebbe essere danneggiata la liquidita' fornita dal sistema finanziario se l'imposta resta su base "locale". La Commissione europea ha detto oggi che la cooperazione rafforzata e' giustificata perche' gli 11 paesi corrispondono a due terzi dell'economia Ue, ma anche a Bruxelles ci si rende conto del rischio spiazzamento. C'e' da aspettarsi che nella stesura finale della proposta di merito, qualcosa potrebbe cambiare. Forse anche, dice qualcuno, nella struttura e nel livello della tassa.