Per quanto Eurobond e mutualizzazione del debito siano stati tolti dal tavolo delle decisioni perlomeno immediate dell’Eurozona, la persistente trappola crisi bancaria-crisi del debito sovrano induce molti analisti di mercato a ritenere che la decisione di procedere verso tale prospettiva rafforzerebbe la gestione della crisi giorno per giorno. La cosa certa è che l’ultima riunione dei ministri finanziari europei ha cominciato a smontare alcune delle innovazioni più rilevanti che l’Europarlamento aveva introdotto nel cosiddetto ‘two pack’, l’ultimo pacchetto di norme sulla disciplina di bilancio rafforzata e integrata.
L’Ecofin ha avuto buon gioco nella facile potatura di due aspetti importanti della nuova regolazione sulla base di un parere giuridico che è stato preso per buono dai ministri. Il primo aspetto riguarda la proposta di istituire un Fondo europeo di rimborso del debito basato sulla responsabilità solidale e su una rigorosa disciplina di bilancio per ridurre il debito eccessivo in 25 anni. L’idea è che i paesi Euro non sottoposti a un programma di assistenza o di aggiustamento trasferiscono nel Fondo il debito superiore al 60% del pil, portano il bilancio a medio termine in prossimità del pareggio o al pareggio con “norme di bilancio numeriche”, riducono i disavanzi strutturali. La bocciatura del servizio giuridico del Consiglio è stata molto secca: il Fondo di rimborso (‘redemption fund’ in inglese) “creerebbe una nuova entità che rimpiazzerebbe parzialmente i Tesori nazionali”. Non costituirebbe semplicemente un meccanismo per coordinare e monitorare le emissioni di debito pubblico degli Stati membri, “sarebbe piuttosto uno strumento distinto dagli Stati membri con l’obiettivo di mutualizzare la loro emissione di debito”. Gli stati “condividerebbero i rischi delle emissioni per facilitare la riduzione dello stock totale del loro debito”. In conclusione, i limiti del Trattato sarebbero oltrepassati perché si andrebbe oltre il rafforzamento del coordinamento e della sorveglianza della disciplina di bilancio.
La seconda bocciatura riguarda la tutela giuridica di uno Stato che non per propria responsabilità è a rischio “durevole” di fallimento o di sospensione dei pagamenti. Obiettivo: consentirgli di stabilizzare l’economia e di far fronte ai debiti. Elementi della tutela l’inefficacia dell’”evento di credito” e delle disposizioni sull’interruzione dei rapporti e del pagamento del saldo, blocco dei tassi di interesse applicati ai prestiti. Anche qui, tale eventualità non c’entra nulla con il coordinamento della disciplina di bilancio, ma, indica il servizio giuridico del Consiglio, “interferisce con le relazioni contrattuali dello Stato e dei detentori dei titoli sovrani”.
Nella riunione Ecofin Mario Monti ha dato il suo assenso alla bocciatura, ma ha cercato di rilanciare in qualche modo sul versante degli Eurobond e della valutazione dell’impatto degli investimenti pubblici pro-crescita ai fini della disciplina di bilancio (è il principio della ‘golden rule’ classica), sui quali l’Europarlamento aveva aperto la porta. L’idea italiana è inserire nella fase di negoziato con il Parlamento almeno l’indicazione contenuta nel rapporto del ‘quartetto’ europeo (Van Rompuy, Barroso, Juncker e Draghi) sulla futura unione monetaria, là dove si afferma che “in una prospettiva di medio termine potrebbe essere esplorata l’emissione di debito comune quale elemento dell’unione di bilancio”. Su questo però non è stato fatto alcun passo avanti nella riunione dei ministri. L’aria che tira è che non se ne faranno nelle prossime.