Per quanto possono valere i sondaggi, una buona risposta a chi, agendo nei mercati, ritiene da tempo che l’Eurozona sia alla vigilia della rottura puo’ arrivare proprio dalle opinioni pubbliche che nei momenti decisivi possono far sentire il loro peso. Per quanto sia di moda pensare che prima senza l’euro si stava meglio e che adesso tutto va storto perche’ l’euro e’ un esperimento impossibile (nasce prima dello stato che dovrebbe batterlo), nell’opinione pubblica europea non emerge tanta voglia di abbandonarlo. E’ un fatto che avrebbe dovuto spingere i governi a maggiore coraggio nel confezionare la risposta alla crisi del debito sovrano, ma cosi’ non e’ stato.
Prendiamo un recente sondaggio fatto in novembre da Harris Interative per conto del Nouvel Observateur: solo il 37% del campione intervistato considera che l’Unione europea protegge i cittadini e il 44% dichiara che l’euro tende ad amplificare gli effetti della crisi piuttosto che attenuarli (la pensava cosi’ solo il 31%). Ciononostante la maggioranza continua a ritenere che non ci sia un’alternativa migliore alla moneta unica. In novembre due sondaggi diversi hanno messo in luce le correnti di pensiero prevalenti nell’opinione pubblica tedesca. Intanto il no agli Eurobond: secondo un sondaggio realizzato da Zdf Tv, il 79% si oppone, solo il 15% li vorrebbe. E il 63% ritiene che la cancelliera Merkel stia agendo bene alla faccia delle critiche feroci dei maggiori partner europei e dei clamorosi errori compiuti in corso d’opera (decisioni sempre con il contagocce, sempre in ritardo rispetto agli avvenimenti e alle aspettative, sbagli clamorosi come quello di fissare il principio del coinvolgimento obbligatorio dei privati alle ristrutturazioni del debito poi abbandonato). La seconda indicazione e’ questa: il 78% degli intervistati si e’ dichiarato convinto che l’euro sopravvivera’. E’ la stessa percentuale dell’anno scorso e dall’anno scorso la crisi e’ nettamente peggiorata estendendosi al cuore dell’Eurozona (cioe’ all’Italia).
L’ultimo sondaggio Eurobarometro pubblicato in estate, cioe’ prima della fase acuta della crisi del debito sovrano, ha confermato che il sostegno all’unione monetaria e all’euro era maggioritario in 22 paesi membri della Ue, non solo nei 17 dell’Eurozona. Mentre l’opposizione continuava a essere maggioritaria i cinque paesi fuori dall’Eurozona: Regno Unito,Repubblica Ceca, Svezia, Danimarca e Polonia.
Detto questo, è sbagliato pensare che si possa sempre dare per scontata l’adesione di principio all’euro. La gestione della crisi greca dimostra come la ‘troika’ sia sempre piu’ considerata una forma di intrusione neocolonialista che mina la dignita’ nazionale. La ‘troika’ e’ formata dagli ‘ispettori’ di Commissione europea, Bce e Fondo Monetario che seguono passo passo l’azione del governo. La stretta sui bilanci pubblici con il quasi-pareggio di bilancio che deve diventare la regola salvo se il ciclo economico e’ negativo o stagnante, insieme con la corsa alla riduzione accelerata del debito, mostrera’ in modo ancora piu’ chiaro il lato duro dell’appartenenza all’unione monetaria. D’altra parte questa e’ la condizione per ottenere solidarieta’ quando non ci sono soluzioni normali alla crisi. Per uscire da questa stretta e’ necessario che tutti i governi riconoscano apertamente e coerentemente che le regole di bilancio non sono un “vincolo esterno” per la semplice ragione che tutti i paesi concorrono a un mercato unico (che nel caso dell’Eurozona e’ ancora piu’ unico di quello dell’Unione europea a 27). Se ciascuno dei membri dell’unione monetaria ne determina regole e contenuti il vincolo non e’ esterno, ma interno.