“Growth-friendly”, favorevole alla crescita. E’ con questo termine che vengono riscattate tante polemiche contro la Germania e, più specificatamente, contro la sua terapia di bilancio per tornare rapidamente verso l’equilibrio (sotto il 3% di deficit/pil già dall’anno prossimo). Grecia e Irlanda, il rischio Portogallo (c’è chi giura a Bruxelles che le sorprese non sono finite e non è scongiurato un terzo intervento della ‘facility’ dell’Eurozona che potrebbe intervenire questa volta “preventivamente”), hanno fatto passare in secondo piano le disquisizioni sul modello migliore di risposta alla crisi in termini strutturali, sulle virtù e al tempo stesso sui rischi della ‘via’ tedesca al consolidamento accelerato delle finanze pubbliche voluto dalla cancelliera Angela Merkel e dal ministro delle finanze Wolfgang Schaueble. “Il programma federale di consolidamento appare essere largamente ‘growth-friendly’”: così è scritto a chiare lettere nel rapporto d’autunno della Commissione europea, che contiene le nuove previsioni economiche per Ue, Eurozona e i 27 paesi membri.
Un esempio fra i tanti: le spese previste per ricerca-sviluppo e l’educazione nazionale preventivate prima dello scoppio della grande crisi sono state confermate. Inoltre, per tutto quest’anno in Germania ha funzionato uno stimolo fiscale all’economia che Bruxelles valuta “ragguardevole”, l’azione di bilancio dal lato delle spese e delle entrate, il 60% del quale scatterà, infatti, solo nel 2011 e nel 2012. Secondo la Commissione l’effetto del pacchetto fiscale sull’economia sarà complessivamente positivo, seguendo la logica dei due tempi: gli effetti positivi di medio e lungo termine comportano dei costi nel breve-medio termine, “ma l’impatto negativo sulla crescita del pil è piccolo”. La riduzione del 2,5% dei salari pubblici, per esempio, ha un impatto sulla contabilità nazionale dello 0,2%, ma non riflette alcuna riduzione dei servizi prestati. Il moltiplicatore medio del consolidamento sul pil reale è di circa 0,4-0,5% nel 2011 e scenderà a 0,2% nel 2014. Più o meno quanto accade nell’intera Ue: secondo le elaborazioni degli economisti della Dg affari economici, nel primo anno l’impatto negativo del consolidamento dei bilanci nella Ue sul pil dovrebbe situarsi fra 0,3% e 0,5%; nel secondo anno si scende a 0,2-0,4%. Tale impatto, secondo la Commissione europea, è controbilanciato nel medio periodo dall’effetto positivo della riduzione degli interessi sui pagamenti e sul maggiore spazio a disposizione per riduzioni delle imposte e aumentare la crescita potenziale.
Nel caso della Germania bisogna tenere anche conto del fatto che sta già agendo da ‘locomotiva’ dell’area, per quanto questo termine sia del tutto impreciso: con una crescita del 3,7% (che perderà slancio nel 2011-2012 seguendo la dinamica di tutta l’Eurozona) quest’anno dimostra di essersi ripresa rapidamente e “vigorosamente”, sottolinea Bruxelles. Come era già piuttosto chiaro un anno fa non è l’Italia a essersi ripresa prima e meglio degli altri paesi europei. Tornato ai livelli pre-crisi l’export ha giocato la sua parte, ma dato che le esportazioni tedesche continuano ad accrescere il loro contenuto di importazioni e dato il sostanziale incremento della domanda interna (il vero fatto nuovo della ripresa tedesca), le importazioni sono previste crescere più velocemente delle esportazioni nei prossimi due anni. La Commissione europea calcola che con un aumento delle esportazioni del 5% nel 2011, l’incremento della produzione in Germania dell’1,8% fa aumentare la domanda di importazioni del 2,7%. Questa forte domanda rappresenta per gli altri paesi Eurozona un aumento di esportazioni nella misura dell’1,2% (dato aggregato) e per gli altri paesi Ue dell’1,1%. In termini di pil l’effetto sarebbe di 0,6-0,7% per i paesi Eurozona e gli altri paesi Ue (sempre in termini aggregati).
E’ vero comunque che il canale commerciale non va sovrastimato dal momento che in media solo il 13% delle esportazioni di Francia, Italia, Portogallo, Grecia, Spagna e Regno Unito è diretto in Germania. La misura in cui i diversi paesi possono beneficiare della domanda tedesca di importazioni dipende sia dalla prossimità geografica sia dalla posizione competitiva: ne beneficeranno di più le economie del centro e dell’est Europa, meno i paesi che soffrono di perdite di competitività (come Portogallo, Spagna e Italia). Una cosa è certa per la Commissione: quanto più la Germania migliora la propria competitività commerciale tanto maggiore sarà la pressione sulle altre economie dell’Eurozona a seguirla nel consolidamento di bilancio e nelle riforme strutturali.