La svolta tedesca sulle mosse da compiere per evitare che l'Europa sia travolta da altri casi Grecia c'è e questo è un dato di fatto. Certamente, c'è qualche dubbio sulla effettiva volontà di fare sul serio: indicare la creazione di un Fondo monetario europeo ha, infatti, un po' il sapore di un diversivo rispetto alla necessità di prendere difficili decisioni nell'immediato, concordando modi e tempi degli interventi a sostegno della Grecia. Il dubbio è legittimo dato che finora i negoziati in corso tra Parigi, Berlino, Francoforte (Bce), Lussemburgo (lì si trova il presidente dell'Eurogruppo) e Atene sono ancora in alto mare proprio a causa della resistenza tedesca a farsi carico esplicitamente della responsabilità politica di 'prestatore' di ultima istanza. Inoltre, la ricetta berlinese alla crisi sembra redatta in modo sapiente per convincere innanzitutto i tedeschi (e la Bundesbank) che non sta buttando a mare la cultura della stabilità per permettere ai greci di andare in pensione qualche anno prima di loro. L'articolo scritto dal ministro delle finanze tedesche Wolfgang Schaueble pubblicato dal Financial Times, però, fornisce una risposta che non va presa sottogamba: il governo tedesco annuncia di voler quasi rivoltare come un calzino il sistema attuale di vigilanza delle politiche di bilancio ed economiche, preconizza un sistema completamente diverso da quello attuale, fa giustizia di interpretazioni elastiche, furbizie della prima e dell'ultima ora (ma fu furbizia anche quella tedesca nel 2003 quando volle una scappatoia alle sanzioni e il patto di stabilità diventò flessibile – per fortuna), di una supervisione all'acqua di rose. Sta di fatto che l'articolo di Schaueble è subito diventato il punto di riferimento della discussione politica tra le capitali, tutte, a partire da Parigi, notevolmente spiazzate.
Intanto vale la pena elencare i nuovi 'comandamenti' tedeschi.
1. Dato che la sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio nell'Eurozona è stata insufficiente, uno stato membro con deficit pubblico eccessivo (oltre il 3% del pil) non deve ricevere fondi Ue di coesione se non accumula risparmio sufficiente.
2. L'Eurozona non ha strumenti per evitare rischi sistemici come quelli che hanno travolto la Grecia per cui è necessario preparare una ulteriore integrazione: il coordinamento tra gli stati dell'unione monetaria deve essere esteso, ognuno "deve prendere parte attiva nel processo di decisione politica dell'altro". Perché ciò avvenga dovrà essere superata una forte "resistenza politica".
3. Deve esserci la possibilità di offrire un sostegno a uno stato ed evitare simultaneamente la minaccia di fallimento quando il paese sta consolidando la finanza pubblica. Di qui l'idea di un Fondo monetario europeo per assicurare liquidità di emergenza e ridurre il rischio di 'default' sotto strette condizioni e a prezzi proibitivi. Tale meccanismo va utilizzato solo quando è a rischio la stabilità finanziaria dell'intera Eurozona.
4. Per rafforzare la stretta si passa al commissariamento totale, cioè all'esclusione del paese dal processo di decisione politica dell'aiuto che spetterà all'Eurogruppo in accordo con la Bce.
5. Altro ulteriore giro di vite: penalità finanziarie specifiche (già previste dal patto di stabilità e mai applicate).
6. La fornitura di liquidità in emergenza non deve mai essere data per scontata per cui in linea di principio deve essere possibile per uno stato andare formalmente in bancarotta. Ciò implica la sospensione dei diritti di voto nell'Eurogruppo (dove in realtà non si vota mai trattandosi peraltro di un gruppo informale).
7. Se uno stato non è in grado di consolidare il bilancio o di restaurare condizioni competitive ottimali, come soluzione estrema dovrebbe uscire dall'Eurozona pur restando nella Ue.
8. I diritti di voto devono essere sospesi per un anno se si stabilisce che il paese ha violato intenzionalmente le regole Ue (chiaro il caso della Grecia con le statistiche truccate).
Mai il ministro tedesco evoca l'idea di 'governo economico europeo' o l'eventualità di una modifica del Trattato (di cui ha però parlato esplicitamente la cancelliera Merkel). Nel primo caso si metterebbe sul tavolo un obiettivo politico radicale: uno spostamento di sovranità dalle capitali a Bruxelles che nessuno vuole (neppure la Francia). Quanto al Trattato, non è poi così vero che impedisca ai governi di procedere verso forme di integrazione più forte . La stessa clausola 'no salvataggi' degli stati nell'Eurozona non è assoluta, dal momento che si prevede assistenza finanziaria se uno stato fronteggia "circostanze eccezionali" a patto che sfuggano al suo controllo. Così come ci sono ampi margini per garanzie finanziarie reciproche o per l'emissione di Eurobond su progetti specifici. Basta volerlo.
L'idea riflessa nelle proposte di Schaeuble è quella di un'Eurozona che recupera pienamente la dimensione della disciplina preventiva quale condizione non solo per condividere la gestione di una crisi, ma per far parte dell'unione monetaria. Per questo si può senz'altro parlare di una 'Maastricht 2", una fase che non si esaurirà in poche settimane. Il ministro tedesco, però, guarda anche all'oggi. Alcuni dei suoi otto 'comandamenti' dovranno trovare spazio nelle regole sul coordinamento delle politiche economiche nell'Eurozona che la Commissione europea si appresta a presentare entro qualche settimana. Se il Fondo monetario europeo è un'idea per il futuro, le condizioni della disciplina di bilancio vanno strette ora. I ministri dell'economia ne discuteranno a metà mese a Madrid, nella riunione informale di primavera. L'ARTICOLO DI SCHAUEBLE