Ormai è chiaro: è scattata la gara delle idee per dotare l’Eurozona di strumenti in grado di gestire più efficacemente le difficoltà di bilancio, fronteggiare i rovesci di mercato più o meno subdolamente orchestrati, riempire il vuoto di potere dell’Unione monetaria che appare sempre più anacronistico e autolesionista. Per anni l’integrazione dei mercati ha corso più velocemente dell’integrazione politica e ora la crisi greca dovrebbe imporre il paradigma opposto. E’ un processo timidissimo perché forti sono le resistenze non solo da parte tedesca a mettere in discussione le prerogative della sovranità nazionale, ma la discussione è ormai aperta. La proposta lanciata dal premier belga Leterme lo dimostra: l’idea è creare una istituzione europea, un’agenzia se non addirittura un Tesoro dell’Eurozona, in grado di emettere debito pubblico e gestirlo in modo che ogni stato garantisca implicitamente il debito proprio e quello di tutti gli altri. Non si tratta di una proposta nuova, certo finora nessun capo di governo l’aveva mai sponsorizzata apertamente. E’ un salto triplo rispetto all’eurobond emesso da una entità europea di cui parla da tempo il ministro dell’economia Tremonti e che almeno in Italia è sostenuto sia dal centrodestra che dal centrosinistra (l’idea ha origine dal piano del socialista Jacques Delors del 1993). Per molti, forse la maggioranza dei governi, più che un salto triplo è un salto mortale. Direttamente verso il baratro. Improbabile che se ne faccia qualcosa di concreto, già per la Germania è difficilissimo (vedremo se possibile o meno) digerire l’eventuale salvataggio della Grecia, figuriamoci condividerne i destini fino a quel punto.
Sta di fatto, però, che la crisi greca ha smosso acque stagnanti e convinzioni incrollabili. Solo un mese fa un alto diplomatico europeo ci diceva come fosse del tutto prematura una discussione sul governo economico dell’Eurozona stante la fermissima opposizione tedesca. Negli ultimi giorni, tra i funzionari e diplomatici europei che ruotano attorno all’attività dell’Eurogruppo e dell’Ecofin, si cominciano ad ascoltare discorsi più audaci, si avverte ormai come inevitabile che il commissariamento politico della Grecia da parte dell’Eurogruppo conduca a una qualche forma di “corresponsabilità strutturata” sulle scelte dei vari governi. Ci si chiede: se vale per la Grecia adesso perché non deve valere per altri? E poi: per evitare che ci sia un altro caso Grecia non è meglio agire prima? Grado, forma, implicazioni politiche e istituzionali di tale corresponsabilità sono tutte da definire, ovviamente, ma la pista è quella. O, almeno, dovrebbe essere.
C’è un’altra ragione che spinge il Belgio, paese piccolo spesso schierato su posizioni rigoriste quando si tratta di applicare i parametri di Maastricht ma non molto credibile avendo il terzo debito pubblico in rapporto al pil più elevato d’Europa (dopo Grecia e Italia), a rilanciare una discussione che, già si sa, porterà a un irrigidimento della Germania: togliere al duopolio franco-tedesco il primato dell’iniziativa politica sul coordinamento delle politiche economiche.
Negli ultimi mesi c’è stato un fiorire di incontri, iniziative, messaggi a effetto che hanno visto schierati sulla stessa linea Francia e Germania. La coppia sta esercitando un ruolo chiave nella crisi greca (in conseguenza del paeso dell’esposizione dei due paesi sui titoli del debito pubblico ellenico), totale sintonia (programmata) nella campagna per stringere le maglie della regolazione della finanza, ultimo il caso dei credit default swap sul debito sovrano. Il problema è che più il tema viene evocato, meno ne vengono specificati fisionomia, obiettivi, implicazioni politiche. Con il rischio che più se ne parli, più se ne allontani la prospettiva. Non si capisce cioè se si vuole fare sul serio oppure no.
Si racconta a Bruxelles che mai come in questo periodo, i governi belga e lussemburghese sono stati così in sintonia soprattutto dopo che l’Olanda è precipitata in una fase politicamente burrascosa dopo la rottura della coalizione di maggioranza. E che la mossa di Leterme trovi una sponda nel lussemburghese Juncker (presiede l’Eurogruppo), che intende forzare una “franca” discussione tra i ministri sul coordinamento economico compreso anche “un qualcosa” per gestire il debito pubblico. Oltre un anno fa si tentò di far passare l’idea di un calendario concordato a livello europeo di emissioni di titoli del debito pubblico: fiasco totale. Magari oggi bastasse un calendario. Juncker ha appena chiesto ai ministri di impegnarsi a confrontarsi sulle leggi di bilancio del proprio paesi nell’Eurogruppo prima di presentarle a casa propria: finora non gli ha risposto nessuno.