L'Europa c'è e ha battuto un colpo. Per quanto possa essere considerato timido, per quanto passando dalle dichiarazioni politiche ai risultati legislativi, là dove il dettaglio è tutto, gli impegni generali rischiano sempre di smarrirsi come se fossero disegnati sulla sabbia, il sostegno dei capi di stato e di governo Ue a una struttura di supervisione finanziaria con poteri "europei" ha una grande importanza politica e istituzionale. La supervisione finanziaria, per la quale la Commissione europea preparerà la proposta di direttiva all'inizio di autunno e che dovrebbe essere operativa nel corso del 2010, si fonderà su due pilastri: un pilastro sistemico per vigilare sui rischi finanziari di ampia e diffusa intensità, un pilastro 'micro' per vigilare su banche, assicurazioni e Borse.
Il primo pilastro sarà guidato dalla Bce (non in via di principio ma quantomeno in via di fatto al 98%). Il secondo pilastro rappresenta l'evoluzione degli attuali Comitati Ue che riuniscono i supervisori nazionali dei tre settori: l'Autorità micro-prudenziale avrà poteri di decisione in ultima istanza in caso di divergenze tra i supervisori nazionali anche relativamente a misure riguardanti i gruppi finanziari transfrontalieri. Unica condizione: le decisioni dell'Autorità europea non possono invadere il campo della responsabilità di bilancio di uno stato membro. Si possono però imporre soluzioni superando litigi paralizzanti tra le autorità controllano le società capogruppo e quelle che controllano le loro filiali.
Questa struttura a 'due teste' è cosa diversa dalla vigilanza europea unica e centralizzata, giacché i supervisori nazionali restano saldi al loro posto e continuano a esercitare il controllo 'giorno per giorno' sulle istituzioni finanziarie e i mercati. Ma con regole uniche (definite a livello europeo) e il potere di dirimere le divergenze quando si tratta di gruppi transfrontalieri e di inviare raccomandazioni anche pubbliche per scongiurare rischi sistemici, non si può dire che l'Europa avrà le difese sguarnite.
E' un po' barocco questo sistema, sicuramente è molto "europeo", cioè si inserisce perfettamente nella complicatissima rete istituzionale che ramifica da Bruxelles con tutti i limiti del caso, tra cui la macchinosità, il percorso a zig zag tra gli equilibri delle competenze (in questo caso la sovranità fiscale degli stati e la sovranita' di vigilanza delle autorita' nazionali su banche, assicurazioni e Borse). Chiaro che restano molte questioni aperte da affrontare, cominciando dalle regole per ripartire gli oneri in caso di interventi pubblici a sostegno di un gruppo transfrontaliero e di gestione collettiva delle crisi.
Non devono però passare in secondo piano i pregi e le assolute novità. I governi hanno di fatto spostato un pezzo di sovranita' nazionale a un livello più o meno 'federale' (nell'ispirazione) pur mettendoci diversi paletti (la britannica difesa delle prerogative nazionali sull'uso del bilancio pubblico in caso di interventi pubblici a sostegno delle istituzioni finanziarie in crisi, problema che anche i tedeschi avevano comunque a cuore).
In sostanza alle competenze classiche dell'Europa unita se ne aggiunge un'altra. Al commercio internazionale, al mercato unico, alla concorrenza e alla moneta unica si aggiunge la sicurezza finanziaria. Non è poco. Non facciamoci comunque illusioni, la strada è tutta in salita. Se la riforma americana della supervisione finanziaria ha reso piu' fragile Londra, è anche vero che nella City si stanno affilando le armi contro quello che viene definito "il complotto francese" per mettere le briglie al mercato. Gli hedge funds promettono battaglia contro la direttiva sul controllo dei fondi finanziari "alternativi" e guardacaso di hedge funds e dell'entita' europea che dovrebbe sorvegliarli non si fa cenno nelle decisioni del Consiglio Ue. Come non si fa cenno alla ‘controparte centrale’ europea (per proteggersi dal rischio di inadempienze nelle transazioni finanziarie).