Le recenti valutazioni sull'Europa del Fondo monetario internazionale sono apparse più pessimiste che mai, di tono completamente diverso rispetto alle analisi della Bce. Questa, infatti, afferma che l'economia è già arrivata al punto più basso della curva della recessione e il calo del pil comincia a rallentare; l'altro sostiene che l'Europa ha bisogno di ulteriori misure di politica economica strettamente coordinate sulla base di un principio di "solidarietà" più esplicito. Per quanto essere pessimista oggi appare essere più gratificante se non altro perchè danneggia meno l'immagine se poi le cose vanno meglio, la lettura del rapporto degli economisti di Washington sull'Europa è utilissima perchè mette a fuoco cinque aspetti di cui poco si dibatte pubblicamente da questa parte dell'Atlantico.
1. Il Fmi identifica un gruppo di paesi che costituisce una specie di "frontiera" della crisi. Ne fanno parte le economie baltiche, Irlanda, Spagna e Regno Unito. La loro caratteristica è essere stati colpiti dalla crisi "in misura sproporzionata" a causa della fine del boom immobiliare. Regno Unito, Irlanda, Islanda e Lettonia sono sotto scacco per le condizioni del mercato finanziario in termini di strategie di finanziamento, maturità del debito, gestione del cambio e il ricorso a un'alta leva finanziaria. Infine ci sono Ungheria e Grecia: alto deficit di parte corrente, di bilancio o alto debito pubblico. Che cosa hanno in comune i paesi di questa "frontiera"? Devono riformare piuttosto Radicalmente il modello di crescita fin qui seguito.
2. Le banche. Sono necessarie ricapitalizzazioni per 1300 miliardi di dollari e finora ne sono state realizzate per molto meno della metà. Fino a quando non emergerà la verità sulle perdite e sarà ricostituita una base di capitale ottimale l'intermediazione del sistema finanziaria sarà limitata e parziale. Perchè ciò avvenga, prevede il Fondo monetario, occorrerà un altro anno.
3. Massima attenzione va prestata alle emissioni di titoli del debito pubblico poichè "la sensibilità della differenza di rendimento dei titoli decennali rispetto ai Bund tedeschi all'andamento del debito degli stati è aumentata significativamente dopo il settembre 2008". Il Fmi mette in guardia dal rischio di accavallamento delle emissioni simultanee di titoli di stato nei vari paesi. Si rischia un effetto imbuto perchè viene emesso nuovo debito in un periodo di tempo molto breve. Il problema è che la concorrenza delle emissioni tra i vari paesi può creare non poche difficoltà ai paesi dell'Est. Un paio di mesi fa all'Ecofin c'è stato un timido tentativo di avviare una discussione per coordinare le emissioni di titoli pubblici, tentativo praticamente abortito. Irlanda e Belgio sono i paesi con il bisogno di finanziamento più forte (rispetto al pil) seguiti da Olanda, Italia e Portogallo. La media annuale di riscadenzamento è più alta in Belgio, Italia, Grecia e Portogallo. La questione rinvia alle 'exit strategy': quanto più sono chiare oggi le scelte future per ridurre l'indebitamento pubblico una volta ripartita l'economia, tanto più le cose fileranno lisce nella sottoscrizione dei titoli (a oneri inferiori per gli stati).
4. Tra le proposte sul tavolo per la supervisione finanziaria restano non chiariti modi e responsabilità della gestione delle crisi transfrontaliere: c'è bisogno di meccanismi legalmente vincolanti e istituzionalizzati che comprendano la condivisione dei costi che dovranno essere sostenuti per gli interventi di salvataggio e le ricapitalizzazioni.
5. Le istituzioni europee sono in una "posizione unica" per rafforzare la risposta di politica economica nei vari paesi attraverso un "coordinamento effettivo". È richiesta 'più Europà, non meno. Ciò implica tre cose: che i paesi con maggiori margini di manovra nei bilanci pubblici sostengano una quota più ampia dello stimolo all'economia complessivo; che il sostegno a settori specifici e all'industria eviti danni ai vicini; che i progetti per le infrastrutture civili siano disegnati in un contesto regionale.Scarica FMI