La partita sulla Grecia si gioca a Washington, la tensione sale

La Grecia ricomincia a far tremare. A far reagire male i mercati finanziari questa volta è stata la notizia secondo cui Atene avrebbe sondato al Fondo monetario internazionale, o esplicitamente chiesto, il rinvio di alcuni pagamenti. E che lo stesso Fmi è preoccupato per la situazione della liquidità delle casse elleniche. La cosa è certa è che il negoziato è ancora in alto mare, da cinque mesi sono stati fatti dei progressi naturalmente, le liste di riforme economiche e di impegni governativi è stata rifatta, ampliata e dettagliata, senza però mai convincere i creditori europei (i governi e la Bce) e il Fondo monetario. E ora il contesto è invelenito dall’idea serpeggiante in diversi ambienti economici e politici in qualche paese secondo cui l’Eurozona sopravviverebbe benissimo alla ‘Grexit’ (l’uscita della Grecia dalla moneta unica). Con il rischio di assuefazione al peggio. In questi giorni la partita politica si gioca a Washington nell’ambito delle riunioni primaverili del Fmi. E la dg del Fondo Monetario Christine Lagarde ha detto chiaro e tondo che per la Grecia non ci sarà un trattamento di favore, “nessun paese sviluppato ha mai chiesto un rinvio dei pagamenti”, quella non è una strada “produttiva”. La seconda cosa certa è che l’Eurogruppo difficilmente prenderà decisioni il 24 a Riga. Anche questo è un elemento che appesantisce la situazione perché più passa il tempo più aumenta il rischio che Atene non abbia i soldi per onorare gli impegni. Inevitabile che la tensione salga.

A maggio la Grecia deve pagare ai creditori oltre 1 miliardo di euro, a luglio e agosto il conto è di circa 9 miliardi. Da Atene il governo insiste con i messaggi che si vogliono tranquillizzanti: per fronteggiare la crisi di liquidità si accentua la compressione delle spese che nel primo trimestre sono risultate inferiori di un miliardo e mezzo rispetto alle previsioni. Si ricorda che finora pensioni e stipendi pubblici sono stati pagati, così come è stata pagata la rata dovuta al Fmi di 459 milioni (domani saranno versati al Fondo monetario altri 80 milioni). Viene confermato che il Tesoro si appoggia ai trasferimenti delle riserve degli organismi pubblici alla Banca centrale. Il problema è che è stato lo stesso Tsipras a indicare qualche settimana fa che se non riceverà aiuti entro fine mese a maggio la Grecia non sarà in grado di onorare i propri impegni finanziari. Che l’allarme sia stato giocato per spostare il pendolo del negoziato o che corrisponda alla realtà fa certamente la differenza, ma si tratta di un elemento di cui tutti si ricordano e ora agisce come un ‘boomerang’.

A Bruxelles da settimane i corrispondenti dei media cercano di ‘snidare’ i ‘palazzi’ europei (Commissione e Consiglio) ponendo sempre la stessa domanda: come giudicate lo stato della liquidità delle casse elleniche? La risposta è sempre la stessa: no comment. Oggi la Commissione ha forse voluto dare un segnale indicando l’”insoddisfazione” per i progressi fatti dal negoziato tecnico e politico. Se si chiede di specificare di quali progressi si tratta la risposta è sempre ‘no comment’. Sono quattro i punti sui quali il disaccordo fra creditori e Grecia è ancora totale: regole del mercato del lavoro, riforma delle pensioni, aumento dell’Iva, privatizzazioni.

C’è da augurarsi che corrisponda alla realtà l’indiscrezione pubblicata da Die Zeit secondo cui per evitare il ‘default’ Berlino starebbe preparando un piano per cementare la Grecia nell’Eurozona nel caso non riuscisse a onorare un pagamento: obiettivo, permettere alla Bce di lasciare aperto il rubinetto della liquidità di emergenza per le banche. E’ il segnale che i vertici politici tedeschi non giudicano l’abbandono dell’Eurozona da parte della Grecia una ‘exit’ rose e fiori, ma un rischio anche per tutti gli altri. D’altra parte, qualche settimana fa il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem aveva voluto dare un segnale di prudenza sugli scenari futuri: il ministro olandese non esclude che in Grecia possano essere introdotti controlli di capitale per riuscire a mantenere il paese nell’unione monetaria. Intervistato alla radio nazionale, aveva ricordato il caso di Cipro: chiusura delle banche e controlli sui flussi di capitale hanno contribuito alla stabilizzazione del sistema finanziario.