LETTERA DA BRUXELLES Cinque anni per avere una “unione dei mercati dei capitali”

Spinta al ‘venture capital’. Spinta ai mercati del collocamento privato (‘private placamento markets’) per le piccole e medie imprese. Spinta al mercato della cartolarizzazione. Sono questi i fattori sui quali la Commissione europea intende fondare la ‘riforma’ dell’assetto del mercato finanziario che passa sotto il titolo, ancora molto vago, di ‘unione dei mercati dei capitali’, che nei prossimi anni potrebbe cambiare davvero la relazione tra finanza ed economia reale. Da tutti considerato il tassello mancante del mercato unico, soprattutto dopo il decollo della supervisione bancaria sotto l’egida della Bce, e degli strumenti che saranno sempre più collettivi, condivisi,  per gestire i fallimenti bancari in modo ordinato addossandone in via prioritaria l’onere ai privati, l’”unione dei mercati dei capitali” ha l’obiettivo di superare la frammentazione dei mercati finanziari (in sostanza significa che il denaro gira poco da un paese all’altro, non affluendo all’economia reale) e ridurre la dipendenza delle imprese dal sistema bancario. Un piano di azione Ue sarà preparato entro l’estate, ma si tratta di un progetto che vedrà la luce in tempi non brevi: la Commissione europea lavora nell’orizzonte dei prossimi 5 anni e prevede una ventina di proposte anche legislative e regolamentari. Forse meno.

Stando alle indicazioni circolate negli ultimi giorni, gli economisti e gli esperti di finanza messi a lavorare dal responsabile degli affari finanziari Jonathan Hill (britannico) stanno preparando il ‘libro verde’ che costituirà la base per una consultazione a livello europeo. Quando si prepara un libro verde già vuol dire che i tempi sono lunghissimi. A parte la complessità di dare uno smossa al sistema finanziario bancocentrico sotto il mero profilo tecnico, il sistema bancario europeo non è ancora uscito definitivamente dalla crisi visto che la fase di disindebitamento è tuttora in corso, l’applicazione della nuova regolazione sui requisiti regolamentari di capitale è in corso e durerà ancora a lungo, deve fronteggiare adesso la nuova fase aperta dalle pesanti manovre sulla liquidità condotte dalla Bce, che da marzo saranno rafforzate dall’acquisto di 60 miliardi di titoli sovrani al mese (sempre da parte della Banca centrale europea). Impossibile agire con il bisturi. Cionondimeno, il disegno di una “unione del mercato dei capitali” costituirà un riferimento strategico per tutti, governi come soggetti di mercato e investitori.

Fonti comunitarie spiegano che l’intenzione non è sostituire le banche, di imporre un progetto ‘ideologico’, bensì aumentare la dimensione della torta dei capitali disponibili a finanziare attività economiche. Fare in modo che i fondi affluiscano direttamente agli utilizzatori finali attraverso il mercato. Predisporre strumenti utili alle imprese, specie le piccole e le medie. Il commissario britannico Hill l’ha spiegata così: “Non ci siamo, la situazione al momento è di totale frammentazione, azionisti e investitori che acquistano titoli di debito emessi dalle imprese raramente vanno oltre i confini nazionali, i risparmiatori sono essenzialmente compartimentati negli Stati membri e sono eccessivamente concentrati nelle banche”. Il motivo di tutto questo? Differenti regole, pratiche di mercato e vincoli sulla documentazione per prodotti come strumenti di cartolarizzazione, collocamento privato di titoli, finanziamento collettivo (micro finanziamento “dal basso”). Poi sistemi di tassazione che sfavoriscono l’investimento in “equity” e favoriscono invece il debito societario e ipotecario, l’estrema diversità delle legislazioni sull’insolvenza, l’inesistenza di informazioni comparabili per valutare il rischio di investimento transfrontaliero nel business minore.

Un’altra cosa che la Commissione dice di non voler fare è importare il modello americano. Non ci sarebbe neppure bisogno di dirlo perché si tratterebbe di una pura sciocchezza, ma il riferimento agli Usa è utile. In termini generali nella Ue circa due terzi del finanziamento dell’economia reale avviene per via bancaria, negli Usa è meno di un terzo. Il mercato azionario americano è il doppio di quello europeo in termini aggregati: la capitalizzazione di borsa è pari al 138% del pil negli Stati Uniti, è il 64,5% nella Ue (dati 2013). E ancora: la dimensione del collocamento privato di azioni negli Usa è tre volte quella della Ue, 50 miliardi di dollari nel 2013 contro 15 miliardi di euro.

A quanto risulta, la Commissione europea lavorerà su tre aspetti: l’offerta di fondi in Europa, originati sia da soggetti europei che da investitori non Ue; la domanda (si tratta di individuare gli ostacoli cui sono soggette le pmi all’accesso ai mercati dei capitali, all’emissione di ‘bond’, alla quotazione); infine i canali che assicurano il flusso di fondi attraverso le infrastrutture di mercato, dalle Borse alle case di ‘clearing’, alle controparti centrali. E tre sono le priorità: ‘venture capital’, collocamento privato dei titoli emessi dalle imprese e cartolarizzazione.

Si calcola che se la Ue avesse un settore ‘venture capital’ di dimensioni americane potrebbero trovare finanziamenti 36 mila imprese in più. Per l’espansione con l’ingresso di nuovi soci di piccole e medie imprese che, non intendono quotarsi in Borsa e vogliono emettere quantità relativamente limitate di titoli allo scopo di ottenere finanziamenti da un piccoli gruppo di investitori privati, si arriva al paradosso che molti imprenditori vanno negli Usa a cercare finanziatori perché non ne trovano nella Ue. Infine le cartolarizzazioni, con lo sviluppo di una nuova classe di ‘securitisation’ di alta qualità e probabilmente con un adattamento delle attuali regole prudenziali per fornire incentivi adeguati (rispetto agli anni pre-crisi il mercato delle cartolarizzazioni si è praticamente dimezzato).

La Commissione intende procedere presentando proposte per singoli ‘pezzi’ che poi ad un certo punto tutti insieme formeranno il ‘pilastro’ del mercato finanziario unico. Tre di questi pezzi riguarderanno la direttiva sui prospetti informativi, che attualmente richiedono procedure complesse e costosissime in particolare per le pmi, le norme sull’insolvenza e gli aspetti fiscali per gli investimenti immobiliari transfrontalieri di società assicurative e fondi pensione. Il commissario Hill lavora sull’ipotesi che in estate possano essere presentate proposte legislative su cartolarizzazioni e prospetti.