Dal 1° gennaio l’euro in Lituania e via al meccanismo di risoluzione delle banche

Il primo gennaio entrerà in vigore il meccanismo di risoluzione delle banche e la Lituania adotterà l’euro al posto della lita (al cambio di 3,4528 lita per un euro): non si tratta di due eventi di “contorno”, ma della prova che il processo incrementale di rafforzamento degli strumenti collettivi per gestire l’unione monetaria e bancaria, da un lato, ed estendere la dimensione dell’Eurozona dall’altro lato, prosegue. Per quanto la forza dell’euroscetticismo sia lontana dall’esssersi esaurita, il “sentimento” dei cittadini europei verso l’euro resta stabile: nell’ultimo sondaggio Eurobarometro più di metà degli intervistati si è pronunciata positivamente sulla moneta unica, 56% nella Ue e 67% nei paesi euro. Ciò dimostrerebbe che l’euro non viene criticato in quanto tale e che c’è fiducia nel “ruolo protettore” della moneta unica.  A patto però che l’Eurozona riesca davvero a evitare la deflazione, imbocchi il sentiero della crescita in tempi ragionevolmente rapidi e non ci siano incidenti di percorso nell’ultima fase della gestione della crisi del debito sovrano, soprattutto in riferimento alle prospettive della Grecia.

 

Il meccanismo di risoluzione delle banche avvia un processo che si completerà in otto anni e vedrà il passaggio progressivo dalla provvista di fondi nazionali per la liquidazione delle banche alla messa in comune di tali risorse. In ogni paese che partecipa all’unione bancaria sotto l’egida della Bce, dal primo gennaio funzioneranno i fondi nazionali di risoluzione che saranno progressivamente rimpiazzati dal meccanismo unico di risoluzione dal 2016. Il principio della condivisione delle risorse per la gestione ordinata delle banche in crisi, una volta verificata l’impossibilità di trovare soluzioni alternative sulla base del coinvolgimento prioritario dei privati secondo un certo ordine, rafforza la credibilità dell’impianto dell’unione bancaria e dell’azione di supervisione condotta dalla Bce. Per quanto l’opposizione alla mutualizzazione delle risorse del Fondo unico di risoluzione bancaria sia stata molto forte (soprattutto da parte tedesca) e il passaggio dai fondi nazionali al fondo unico sarà lento, il principio della “mutualizzazione” di risorse che all’origine sono private (perché frutto del prelievo effettuato direttamente dagli istituti bancari) ma poi potranno essere utilizzate nel quadro di un regime “pubblico” sovranazionale, può essere considerata una vera rivoluzione istituzionale nell’area della moneta unica.

Lo strumento collettivo per la risoluzione delle banche è destinato a non essere soltanto la somma degli strumenti di intervento nazionali: si tratta di un passaggio importante che può servire da battistrada per la prospettiva di una condivisione di altre funzioni essenziali per una unione monetaria che voglia dirsi stabile. Innanzitutto l’emissione comune di debito: oggi non ve ne sono le condizioni politiche, ma i fattori oggettivi che spingono in tale direzione non si sono esauriti. L’occasione per verificare se esiste uno spazio politico per disegnare una nuova prospettiva dell’unione monetaria sarà offerta in primavera, quando il ‘quartetto’ dei ‘presidenti Ue’ (Donald Tusk per l’Unione europea, Jean Claude Juncker per la Commissione, Jeroen Dijsselbloem per l’Eurogruppo e Mario Draghi per la Bce) presenterà nuove proposte per rafforzare l’unione economica e monetaria.

“Le urgenze che dovremo fronteggiare nei primi mesi del 2015, dalla gestione del caso Grecia con il problema del debito pubblico ellenico ai modi per evitare che la deflazione prenda definitivamente piede nell’Eurozona, sono tali da non poter essere gestite senza una prospettiva chiara e condivisa tra i governi dell’unione monetaria”, indica una fonte politica europea coinvolta nelle discussioni in corso da diverse settimane.

L’ingresso della Lituania nell’Eurozona è per la politica europea come per  i mercati una ‘non notizia’. L’evento è noto da sei mesi, non ci sono grandi soprese sul ‘changeover’. Il 63% della popolazione di 3 milioni di abitanti si è pronunciato con chiarezza a favore della moneta unica. La Lituania è l’ultimo degli Stati baltici ad adottare l’euro (l’Estonia è entrata nell’unione monetaria nel 2011, la Lettonia nel 2014). Prima repubblica a dichiarare l’indipendenza dall’Urss nel 1990, spera di seguire rapidamente la scia degli altri due Stati baltici godendo di costi di finanziamento bassi e di una nuova ondata di investimenti. La banca centrale prevede che l’adesione all’euro potrebbe aumentare il prodotto annuale lordo dell’1,3% nel lungo termine. Quest’anno ci si aspetta che l’economia cresca del 2,9%, ma la crisi economica dal 2009 ha colpito duramente e condotto all’emigrazione un decimo della popolazione.

L’adesione all’euro coincide con il crescendo di tensioni tra Ue e Russia, con i paesi baltici che temono di trovarsi in prima fila a fronteggiare le ritorsioni di Mosca. La presidente lituana Dalia Grybauskaite non ha atteso molto ad annunciare aiuti militari all’Ucraina. Non solo: l’adesione all’Eurozona coincide con passi sostanziali verso una sempre maggiore indipendenza dall’energia russa (con il nuovo terminal per il gas naturale che permetterà le importazioni dalla Norvegia) e la reiterata richiesta di una maggiore presenza Nato sul territorio nazionale.

La risposta russa alle sanzioni europee ha colpito in modo particolare i settorie dei trasporti e lattiero-caseario. Attualmente circa il 20% delle esportazioni è diretto in Russia mentre il 60% è destinato all’Unione europea. Il riorientamento dell’economia lituana è un fatto acquisito da tempo, ma recentemente il premier socialdemocratico Algirdas Butkevicius ha messo in guardia il busines lituano: nel mondo dell’imprese e della finanza “alcuni devono cambiare visione e valutazione sui mercati rischiosi come quello russo, un’attività non può avere sempre il 15-20% di ritorno in termini di profitto come era abitudine in rapporto agli affari con la Russia”.

L’Eurozona a 19 membri non sarà molto diversa dall’Eurozona a 18 se si esclude l’effetto che avrà tale passaggio sull’esercizio del potere ai vertici della Banca centrale europea. Scatterà infatti il nuovo sistema di rotazione ai fini dei diritti di voto che sarà riservato solo a 15 governatori su 19 ogni mese. Sei voti saranno attribuiti sempre ai membri del ‘board’, per cui il totale del numero dei voti sarà 21, tre meno degli attuali. Sulla base del peso dei paesi nell’economia dell’Eurozona e nel settore finanziario, fino a quando il numero dei governatori non supererà 21, si formeranno due gruppi. Del primo faranno parte i governatori dei cinque paesi più ‘pesanti’ (Germania, Francia, Italia, Spagna e Olanda): i 5 si spartiranno 4 voti in modo che ogni paese salterà un voto ogni cinque. Del secondo gruppo faranno parte tutti gli altri: 14 paesi si spartiranno 11 voti (la sospensione del voto durerà tre mesi). Tutti i governatori partecipano alle discussioni ma non tutti votano.  A termine il meccanismo implica che l’influenza dei piccoli paesi decrescerà nel tempo man mano che aumentano i membri dell’unione monetaria.