LETTERA DA BRUXELLES Germania, la mossa di Schaeuble sugli investimenti non convince l’industria

Fa sul serio la Germania annunciando 10 miliardi di investimenti in più per tre anni a partire dal 2016? La Commissione europea ha già indicato che si tratta di una decisione che va nella giusta direzione, ma ha accuratamente evitato di pronunciarsi nel merito: bastano? Non si può non rilevare la novità, ma l’entità della misura lascia perlopiù perplessi: 10 miliardi di euro in tre anni corrispondono a un aumento degli investimenti pari allo 0,11% del pil all’anno. Secondo le valutazioni più ottimistiche 10 miliardi di investimenti pubblici in Germania sarebbero in grado di generare fino a 50 miliardi di investimenti privati (per gli investimenti Bei il moltiplicatore è 3): sta di fatto che il governo tedesco non ha accreditato alcuna stima ufficiale in questo senso. La ‘Confindustria’ tedesca Bdi ritiene che 10 miliardi aggiuntivi annunciati dal ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble siano “un primo passo”, ma non si tratta di una svolta, “c’è bisogno di più per lanciare davvero un’offensiva sul fronte degli investimenti”.

Secondo la Bundesverband der Deutschen Industrie sarebbe “un errore assoluto attenersi all’obiettivo dello stretto equilibrio di bilancio”. Dato che il governo intende spendere di più senza indebitarsi, rispettando integralmente il ritorno all’equilibrio di bilancio e mantenerlo, il messaggio degli industriali è piuttosto chiaro, ma non deve certamente essere interpretato come un’apertura alla flessibilità sulle regole europee di bilancio nei termini in cui se ne parla (e si agisce) in Italia o Francia. Tanto è vero che il presidente della Bdi Ulrich Grillo ha precisato: “Non possiamo risolvere i problemi dei nostri partner europei” con i soli investimenti tedeschi.

Sottoposta a pressioni incrociate in Europa e a livello internazionale (dall’amministrazione americana al Fondo monetario all’Ocse) la Germania cerca di scrollarsi di dosso l’immagine di partner europeo rancoroso (verso il ‘fronte del sud’) ed egoista e, nello stesso tempo, di evitare uno scivolamento negativo del ciclo che molti considerano un rischio reale ( la Ue ha appena dimezzato all’1,1% le stime di crescita per l’anno prossimo). Dieci miliardi in tre anni sono davvero una goccia che, secondo molti analisti, difficilmente potrà fare la differenza. Certamente non è da sottovalutare l’effetto leva sul capitale privato. Ma senza esagerare. In Germania sono molto diffuse le ‘partnership pubblico-privati’ con le quali un investitore finanzia un progetto, per esempio la costruzione di un ponte o di un tunnel, con capitale proprio o attraverso indebitamento sul mercato e riceve una tariffa dagli utilizzatori o dallo Stato. Uno studio dell’Ufficio federale di audit conclude però che attualmente i costi per un progetto ‘ppp’ risulta più costoso rispetto a un progetto finanziato normalmente dalle imprese. Per l’estensione dell’autostrada A1 tra Brema e Amburgo ( 73 km ), il ministero dei trasporti ha stimato il costo finale sarebbe più alto di un terzo.

Secondo il presidente dell’istituto di ricerca economica Diw di Berlino Marcel Fratzscher, autore di un libro molto critico sulle politiche tedesche (Die Deutschland Illusion), gli “investimenti sono la più grande debolezza della Germania che ha uno dei tassi più bassi di investimenti al mondo” e avrebbe bisogno di “aumentarli nella misura del 3% del pil”. Secondo il Deutsches Institute vor Wirtschaftsforschung la Germania dovrebbe investire almeno 10 miliardi di euro in più all’anno per fronteggiare il deperimento delle strutture civili “fatiscenti” e potenziare le infrastrutture mentre il governo prevede di spendere 1,25 miliardi all’anno. E’ la caduta degli investimenti nel settore delle costruzioni a trainare il calo degli investimenti totali, ma rispetto agli standard internazionali risultano bassi gli investimenti in macchinari. Risultato: secondo il capo economista del Center for european reform Christian Odendahl “si sta deteriorando l’”armatura” dei beni pubblici evidenziato dalle condizioni delle strade all’equipaggiamento delle scuole”.

Tre i motivi della riluttanza tedesca a investire di più negli ultimi anni secondo Odendahl. Il primo è la crescita economica “relativamente rapida” negli ultimi anni. Il secondo è la regola di bilancio che prevede un “freno” all’indebitamento che dovrà essere in funzione pienamente nel 2016: il bilancio in termini strutturali (al netto degli effetti del ciclo economico) non deve superare lo 0,35% del pil. Eppure qualche margine ci sarebbe: “Almeno fino al 2016 il governo ha lo spazio per andare oltre tale livello e potrebbe usarlo”, conclude l’economista che ricorda come la stessa banca pubblica di investimento tedesca Kfw (Kreditanstalt für Wiederaufbau) abbia indicato che il governo potrebbe investire circa 100 miliardi in più fino al 2018 senza violare la regola del “freno al debito”. Il terzo motivo della riluttanza a investire è che “il consolidamento del bilancio è politicamente più attraente in Germania che il tema degli investimenti”. Almeno uno dei motivi, quello relativo all’andamento dell’economia, oggi risulta fortemente indebolito. Di conseguenza anche il terzo motivo potrebbe risultare sempre meno attraente.