Muro contro muro Governi-Parlamento su Fondo di risoluzione banche (ma si continua a trattare)

Un mese, 40 giorni per trovare un accordo sul Meccanismo unico di risoluzione bancaria. Governi Ue e Parlamento continuano a trattare ma "le posizioni restano sempre molto distanti", hanno indicato fonti Ue coinvolte direttamene nelle discussioni. Il punto dolente riguarda lo stesso principio di un accordo intergovernativo sul trasferimento delle risorse nazionali al Fondo di risoluzione unico e i tempi della mutualizzazione. Il Parlamento non accetta che un aspetto cosi' importante dell'intero impianto della risoluzione, per gestire in modo ordinato i fallimenti, non rientri nella legislazione comunitaria. I diplomatici sono pero' al lavoro per trovare un compromesso: tra le ipotesi l'accorciamento dei tempi della mutualizzazione delle risorse (5-7 anni invece di 10) e la definizione di ambiti piu' stretti di intervento del Consiglio nella decisione di risoluzione. "Per lavorare su tali ipotesi – hanno indicato fonti Ue – e' necessario avere un mandato dall'Ecofin".

  I ministri delle finanze europee che si incontreranno lunedi’ pomeriggio dalle 15 nel formato Eurogruppo e poi martedi’ dalle 10 nel formato Ecofin parleranno anche di banche e del negoziato in corso con il Parlamento europeo anche se l’argomento non appare all’ordine del giorno. Non e’ detto, hanno indicato le stesse fonti europee, che i ministri diano un mandato esplicito alla presidenza greca per avanzare nuove ipotesi: il negoziato e’ appena partito e chi fa la prima mossa e’ perdente, per cui e’ ancora il momento per le due parti di “mostrare i muscoli”. Fonti tedesche hanno indicato che sulla conferenza intergovernativa che dovra’ definire i termini della gestione delle risorse finanziarie dei Fondi di risoluzione nazionali (finanziati dalle stesse banche), il loro passaggio al livello centrale (Il Fondo unico) in dieci anni, non deve essere tolto nulla rispetto all’intesa Ecofin di dicembre.

  L’ipotesi di mutualizzare le risorse dei Fondi nazionali in 5 anni invece che in 10 e’ caldeggiata da Italia, Francia e un gruppo di altri paesi piu’ piccoli e medi. Peraltro era gia’ stata proposta all’Ecofin, ma per l’opposizione tedesca e’ stata esclusa. L’idea sulla quale lavorano i diplomatici Ue e’ capire in cambio di che cosa il Parlamento puo’ accettare il ricorso all’accordo intergovernativo. Un punto sul quale si discute molto riguarda i confini di tale accordo che, per essere digerito dal Parlamento, dovrebbe essere rigidamente riferito al semplice trasferimento dei fondi nazionali al ‘centro’ e non al loro utilizzo. Inoltre si tratta di assicurare che la decisione di risoluzione possa effettivamente essere presa in un weekend, cosa che nella versione attuale, secondo il Parlamento, non e’ affatto certa.

  Il Parlamento europeo dal canto suo ha irrigidito la posizione. In una lettera al presidente della Commissione Jose’ Barroso, il presidente del Parlamento Martin Schulz ha sintetizzato molto chiaramente i punti di dissenso. Intanto non c’e’ alcuna “necessita’ legale” di un accordo intergovernativo (che per definizione taglia fuori il parlamento da qualsiasi ruolo di controllo ex post). Poi “violando il diritto di iniziativa della Commissione e i poteri legislativi del parlamento in quanto co-legislatore rappresenta un precedente inaccettabile”, scrive Schulz. La decisione del Consiglio “mette a repentaglio il metodo comunitario”. Per questi motivi allo stato attuale delle cose “il risultato del negoziato e’ incerto”. Il tono della lettera di Schulz e’ molto secco e molto preoccupato, ma va ricordato che il Parlamento e’ entrato gia’ in clima pre-elettorale e lo stesso Schulz e’ il candidato socialdemocratico alla presidenza della nuova Commissione europea.

 Tutti si rendono conto che non e’ possibile arrivare a marzo senza una decisione. D’altra parte tutto il lavoro della Bce sulla valutazione dei bilanci delle banche e gli stress test si fonda sulla pre-condizione che esiste un meccanismo di risoluzione credibile. Ed esistono anche dei ‘backstop’ pubblici, dei paracadute finanziari sufficientemente credibili che costituiranno l’estrema linea di difesa nel caso in cui non basti l’intervento privato nelle risoluzioni.