Nel ‘frullatore’ della sostenibilità gli ingredienti sono tanti

La decisione del Consiglio europeo di estendere i criteri di riferimento al debito privato per valutare lo stato di salute finanziaria dei paesi – su pressante richiesta italiana – è una assoluta novità. Il ministro Tremonti aveva cominciato a parlarne oltre un anno fa e via via l’idea ha fatto strada, tanto che adesso è stata accreditata dal presidente Ue Van Rompuy come un “parametro” economico. Il termine “parametro” non va però confuso con i classici parametri di Maastricht che sono e restano due: deficit e debito pubblici, il primo non deve superare in tempi ottimali il 3% del pil, il secondo non deve superate il 60%. Che cosa cambierà rispetto alle procedure per deficit eccessivo, quelle che mettono sotto stretta sorveglianza i paesi che superano i tetti di riferimento e nella futura versione del patto di stabilità rischiano pesanti sanzioni (ancora non si sa bene quali, ma è certo che ci saranno ritorsioni sul versamento dei fondi Ue)? Ancora non si sa e sarà molto interessante vedere le proposte concrete che Barroso ha annunciato fra due settimane per capire la portata dell’accordo raggiunto dai capi di stato e di governo.



  Il fatto che il debito privato, cioè commerciale non finanziario, finanziario e quello rappresentato dai mutui immobiliari, sia entrato a pieno titolo tra i “fattori” rilevanti di cui parla espressamente il Trattato Ue, permetterà in ogni caso un’analisi più approfondita e completa del vero stato di salute di un paese e dei rischi effettivi cui può andare incontro. Un’analisi che dovrà condurre a una gestione sempre più accurata e motivata dal punto di vista economico delle procedure europee di sorveglianza. Tanto per dire delle differenze tra paesi, basta un’occhiata a una elaborazione di McKinsey Global secondo cui la Spagna ha un debito pubblico al 64,9% quest’anno, molto più basso di quello dell’Italia che si trova a quota 118,2%, e ha un debito privato (debito commerciale non finanziario, mutui, debito finanziario) pari al 296% del pil, mentre l’Italia ha un debito privato pari al 198% del pil. Si può dire che la posizione finanziaria italiana è meno sostenibile di quella spagnola? Chiaramente la risposta è negativa.
  Sono diversi i “fattori rilevanti” da tenere in considerazione per concludere che un paese rispetta o meno le regole della disciplina di bilancio. Recita l’articolo 126 paragrafo 3: “Se uno stato membro non rispetta i requisiti previsti da uno dei criteri menzionati (quelli classici su deficit e debito pubblici – ndr) la Commissione prepara una relazione che tiene conto anche dell’eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e tiene conto di tutti gli altri fattori rilevanti significativi, compresa la posizione economica e di bilancio a medio termine”. Altri fattori addizionali che già vengono considerati nell’analisi economica da Bruxelles, sono le spese future relative alla spesa per l’invecchiamento della popolazione, le spese ‘contingenti’ che potranno essere effettivamente sostenute nel caso si realizzassero certi eventi (tipico il caso delle garanzie bancarie decise nel corso della crisi). E ancora: nell’analisi del debito pubblico, è scritto nell’ultimo rapporto sulle finanze pubbliche Eurozona, devono essere anche tenuti in considerazione “tutti i rischi specifici in paesi con un alto livello iniziale di debito”. Motivo: tali paesi sono più vulnerabili a choc di crescita e ad aumenti dei tassi di interesse dovuti a circostanze esterne o al peggioramento della percezione del rischio-paese dovuta all’alto debito iniziale. Inoltre, va valutato lo spazio di manovra per usare aumenti dell’imposizione fiscale se dovesse essere finanziata nuova spesa pubblica (questo è particolarmente un problema, dice Bruxelles, per Belgio (che ha meno margini di tutti gli altri), Danimarca, Italia e Svezia). Una volta che tutti questi ingredienti saranno nel frullatore, questa finora la visione della Commissione europea, il risultato deve essere ponderato tenendo presente l’obbligo di rispettare l’articolo 126 paragrafo 2b del Trattato Ue: il debito/pil deve ridursi “in misura sufficiente” e avvicinarsi “al valore di riferimento con ritmo adeguato”.