Se Bruxelles arranca dietro Berlino e Parigi tutto è più difficile

 Che fatica. La Commissione europea sta facendo uno sforzo terribile per non farsi dribblare da Francia e Germania, l’asse principale sul quale – piaccia o no – ruota ancora l’intera costruzione dell’Unione europea. Il problema è che ci sta riuscendo sempre meno. L’ultima conferma è arrivata dalla decisione tedesca di sospendere alcune vendite allo scoperto di titoli pubblici Eurozona, relativi credit default swaps e delle azioni dei maggiori gruppi finanziari nazionali. Scelta legittima, ma assurda in un mercato integrato qual è quello europeo. Il bello è che la Commissione sta lavorando da qualche mese proprio sull’idea di regolare mercato dei derivati e cds, mentre preme con tutte le sue forze affinché i governi coordinino tutte le loro azioni sui mercati come sui bilanci pubblici e sulle politiche economiche. Impresa titanica. Ora i regolatori delle Borse, peraltro anch’essi ‘travolti’ dalla fretta tedesca, hanno chiesto a Bruxelles di svegliarsi e di anticipare la tabella di marcia sulla regolazione dei CDS. Finora non hanno avuto risposta.
  La Francia ha criticato l’unilateralismo tedesco sulle vendite allo scoperto, ma a Parigi adesso si pensa che per fermare la sfiducia sui titoli del debito sovrano nell’Eurozona “si impone lo stato di urgenza, delle iniziative franco-tedesche sono più che mai necessarie per proporre un piano di ‘governance’ della zona euro” (lo ha detto il presidente dell’Autorità francese dei mercati finanziari Jouyet). Spingono i governi, la Commissione seguirà.
  L’altro giorno il responsabile del mercato interno Michel Barnier ha presentato una proposta di massima per la tassazione anti-crisi delle banche per finanziare la gestione ordinata dei fallimenti. L’idea è buona, ma anche stavolta la Commissione è arrivata dopo che si sono mossi tedeschi, britannici, francesi. Oltretutto, Barnier ha lasciato in sospeso le modalità della tassa, rifiutandosi di spiegare come secondo la Commissione dovrebbe essere calcolata: sui depositi, sugli asset o sui profitti? Se questo è ciò che resta del monopolio del ‘diritto di iniziativa’ legislativa, siamo a posto.