Rispetto ai mal di pancia della Grecia, dei governi europei che rimetteranno mano alle garanzie pubbliche per salvarla un’altra volta con un secondo programma di prestiti, delle banche che stanno contrattando una partecipazione meno costoso alla gestione della crisi del debito ellenico, la polemica scatenata dalla Polonia sull’Eurogruppo è un granellino di polvere, un niente che può emozionare solo qualche ‘eurocrate’, gli addetti ai lavori che messi uno in fila all’altro saranno sì’ e no un centinaio di persone. Eppure un certo rilievo ce l’ha tanto per dar conto delle atmosfere che si respirano a Bruxelles. I fatti sono questi: il primo ministro polacco Donald Tusk, dal 1° luglio presidente di turno dell’Unione europea dopo il passaggio di testimone dall’Ungheria, ha raccontato di aver avuto una discussione molto “violenta” con i partner dell’Eurozona, che si sono dichiarati contrari a far partecipare la presidenza alle riunioni dell’Eurogruppo, condizioni indispensabile per permetterle di essere informata sulle discussioni nell’unione monetaria, non certo “per una questione di prestigio”.
Il fatto che il ministro presidente di turno dell’Ecofin non partecipi regolarmente alle riunioni dell’Eurogruppo visto che il proprio paese non ha adottato l’euro, non è certo un caso. E’ una regola logica dettata da una semplice constatazione: lo spazio di azione dei ministri finanziari della moneta unica è molto preciso, comporta obblighi speciali che non possono essere annacquati, dissolti in ambiti più ampi moltiplicando i soggetti coinvolti a prescindere dalle dirette responsabilità politiche e legali derivanti dall’adozione della stessa moneta. Ciò non vuol dire che qualche volta una riunione dell’Eurogruppo non sia stata aperta ai non membri dell’euro. E’ stato il caso della partecipazione del premier britannico Gordon Brown invitato da Nicolas Sarkozy, allora presidente di turno della Ue, a un incontro a livello Eurozona nel 2008 dopo il fallimento di Lehman Brothers. Allora la City londinese era nel panico, diverse importanti banche britanniche nei guai. Di motivi ce n’era più d’uno.
Tanto tuonò che piovve: alla fine Varsavia l’ha spuntata, dato che il portavoce del presidente Eurogruppo ha fatto sapere che il ministro delle finanze polacco Jacek Rostowsky è stato invitato in via del tutto straordinaria alla riunione dell’Eurogruppo. L’episodio dimostra alcune cose. La prima è che la Polonia intende marcare di sé la presidenza di turno, vuole imporsi come un paese di rango nella Ue. La seconda è che alcuni governi si sono accorti che la presidenza permanente comincia a rivelarsi fondamentale nell’evoluzione politica della Ue, relegando ai margini la presidenza di turno. Partito in sordina, accusato di essere un personaggio stinto, Herman Van Rompuy si sta dimostrando personaggio piuttosto tenace, in grado di trovare soluzioni in momenti complicatissimi (ultimo il caso Bini Smaghi per i vertici Bce), si è conquistato un ruolo di primo piano come ‘facilitatore’ delle decisioni, addirittura agendo quasi in concorrenza con la Commissione, come è accaduto durante i primi negoziati sulle nuove regole della disciplina di bilancio e sulla ‘governance’ economica. Situazione che ha irritato molti e più che mai le presidenze di turno della Ue (quando non sono rette dai grandi paesi). E’ evidente che prima o poi questo aspetto del marchingegno istituzionale della Ue deve essere rivisto.
Non solo: sul ruolo crescente dell’Eurogruppo le manifestazioni di insofferenza da parte del Regno Unito sono ormai innumerevoli. Per quanto non si possa proprio dire che il peso britannico nella Ue sia in declino, Londra non riesce ad accettare che il la sia dato sempre dall’Eurogruppo su tutte le questioni centrali delle politiche europee che riguardano economia e finanza. Se la decisione sull’agenda dell’Ecofin o la conduzione delle trattative con il Parlamento europeo sulla ‘governance’ economica spettano alla presidenza di turno, questa non può certo prescindere da quanto discute e decide l’Eurozona in quanto tale. E’ inevitabile. Per questo sempre più spesso molte riunioni dell’Ecofin risultano quasi la fotocopia delle riunioni dell’Eurogruppo che si sono svolte la sera prima (Non parliamo delle conferenze stampa: quelle dell’Ecofin sono di solito di una noia mortale). Recentemente a Lussemburgo è successo che i ministri finanziari non Eurozona hanno dovuto aspettare diverse ore fuori dalla porta che i colleghi della moneta unica prendessero le loro decisioni prima di riunirsi a 27. L’atmosfera, dunque, non è delle migliori. D’altra parte, questo è lo scotto che si paga, per mancata virtù o per non volontà, a star fuori dall’unione monetaria. Inutile lamentarsi.