Nonostante le preoccupazioni sull’evoluzione della variante sudafricana del Covid-19, il ministro irlandese delle finanze Pascal Donohoe, che esercita la funzione di presidente dell’Eurogruppo, ha voluto lanciare un messaggio rassicurante sulle prospettive economiche. Il ministro francese dell’economia Bruno Le Maire gli ha dato man forte indicando che, a parte gli effetti diretti di una qualche stretta prenatalizia su alcuni settori (come il turismo), non è alle viste una riduzione del livello di attività economica prevista per quest’anno e per l’anno prossimo rispetto alle attese. Nonostante le difficoltà che gravano sulla ripresa: strozzature nelle forniture all’industria e prezzi dell’energia in aumento. Sono i cosiddetti “venti contrari” di cui parla da qualche tempo la Commissione europea che possono rendere accidentato il consolidamento della crescita.
Non è dunque in discussione il recupero pieno del prodotto perduto a causa della pandemia, peraltro già acquisito alla fine del terzo trimestre stando alle ultime previsioni economiche di Bruxelles. Certo, c’è l’inflazione da tenere sotto controllo per gli scossoni che potrebbe dare alle prossime scelte della Bce in materia di acquisti di titoli e più avanti (molto più avanti) sui tassi di interesse. Ma il governatore della banca centrale francese Villeroy de Galhau ha dichiarato: resta “molto improbabile che nel 2022 si creino le condizioni per un rialzo”. È chiaro che alla vigilia della pubblicazione della stima flash sull’inflazione annuale a novembre da parte di Eurostat (martedì 30 novembre alle 11), il presidente dell’Eurogruppo ha voluto consolidare l’attesa che l’aumento dei prezzi proseguirà, durerà più a lungo di quanto previsto qualche mese fa e che però non c’è da allarmarsi perché è destinato a moderarsi nel corso dell’anno prossimo.
L’attesa per il dato sull’inflazione è che il tasso annuale a novembre risulti ancora in rialzo almeno al 4,3% su base annuale (a ottobre era al 4,1%, in costante rialzo da giugno quando era all’1,9%). In Germania è aumentato al 5,2%, record dal 1992 (era al 4,6% a ottobre). Anche per la Spagna un record sempre dal 1992, 5,6% (era al 5,4% a ottobre). Intanto The Wall Street Journal ospita un’analisi sotto il titolo: “L’inflazione nell’Eurozona può aver raggiunto il picco” e ricorda che ci sono fattori di traino della crescita dei prezzi che la faranno durare per tutta la prima parte del 2022, però “il mercato dei ‘futures’ indica che scenderanno in misura significativa nel 2022”.
La Bce si sta preparando all’appuntamento del 16 dicembre quando dovrà chiarire le sue aspettative per l’anno prossimo e fornire indicazioni sulle mosse successive. Già si presume che non sarà un chiarimento definitivo. Tre giorni fa Christine Lagarde ha ricordato che i prezzi dell’energia, i cui rialzi rappresentano circa la metà degli alti tassi di inflazione, sono importanti “ma prevediamo che questo aumento dell’inflazione non durerà, scomparirà l’anno prossimo, prevediamo che i tassi di inflazione inizieranno a scendere già da gennaio”. Certo, bisognerà vedere cosa accadrà effettivamente ai prezzi dell’energia, il cui aumento è dato in parte per strutturale da molti nel settore che l’energia la produce (dall’ad dell’Eni Descalzi, per esempio).
Dalle ultime uscite di Eurogruppo, Commissione e Bce si capisce che il messaggio è univoco: nonostante le incertezze non si temono rovesci nell’andamento dell’attività economica. Non a caso il banchiere centrale francese ricorda come le varianti Covid che hanno preceduto l’ultima sudafricana non abbiano alterato granché il quadro economico. Il “decoupling” (disaccoppiamento) tra effetto della variante sulla mobilità delle persone a causa di nuove restrizioni per ragioni sanitarie e livello generale dell’attività dovrebbe (potrebbe) funzionare anche questa volta. Almeno questa è la speranza. La scommessa.