Primo voto del Comitato per gli affari economici in maggio, voto finale in seduta plenaria in luglio. E’ questo l’impegno del Parlamento europeo per far decollare le regole sulla supervisione finanziaria e le nuove Autorità Ue. Anche se la strada per un accordo con il Consiglio (cioè i governi) è tutta in salita, formalmente è il calendario il solo punto fermo, la barriera che non deve essere superata se si vuole davvero che l’Europa mantenga un ruolo di leadership nella rifondazione delle regole globali della finanza (in ambito G20) e, soprattutto, se si vuole rafforzare la fiducia di risparmiatori, investitori e più in generale dei cittadini già chiamati a pagare direttamente per errori altrui. Che il Parlamento europeo riesca a ottenere ciò che chiede, cioè una mezza rivoluzione rispetto a quanto previsto dai governi sui poteri da attribuire alle nuove autorità di supervisione finanziaria, è tutto da vedere. Il suo ruolo è fondamentale perché la nuova legislazione passa attraverso la procedura di codecisione. Senza l’ok del Parlamento non c’è legislazione, su ogni nuova virgola modificata rispetto alla legge proposta dalla Commissione e già abbondantemente trasformata dal Consiglio (in questo caso l’Ecofin) va trovato un accordo con i governi.
Chiedendo maggiori poteri…alle autorità di supervisione sia per la parte macro-prudenziale (l’Autorità di vigilanza sistemica) che per quella micro-prudenziale (banche, assicurazioni e Borse), i principali gruppi parlamentari (Ppe, Pse, liberali, Verdi) hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo sapendo di dover fare nelle prossime settimane parecchi passi indietro. Il generoso tentativo è quello di ricentrare sulle Autorità Ue i poteri più sensibili della supervisione sui quali l’Ecofin ha posto mille paletti o ha spostato decisamente verso i governi l’ago della bilancia. E’ il caso della dichiarazione dello stato di emergenza finanziaria, dell’obbligo per le Autorità europee di decidere in ultima istanza in caso di contrasti tra i supervisori nazionali (e non solo della semplice possibilità), del limite al veto che i governi avrebbero in caso di interventi che comportino esborsi dai bilanci pubblici (l’Europarlamento vuole che gli stati forniscano una effettiva valutazione dell’impatto di misure anti-crisi sul bilancio dello stato, cioè sulla sovranità fiscale nazionale). Oppure il principio per cui l’Autorità bancaria europea dovrà assumersi gradualmente nel tempo la responsabilità della supervisione delle istituzioni finanziarie a dimensione europea, eventualità esclusa dall’Ecofin, o la costituzione di un fondo finanziato dalle banche per proteggere depositanti e da usare per i salvataggi di banche rilevanti dal punto di vista sistemico (non necessariamente solo i grandi gruppi), fondo che dovrebbe avere anche la possibilità di emettere debito pubblico.
Se passassero tali proposte l’equilibrio raggiunto dall’Ecofin fra le nuove Autorità Ue da un lato, supervisori nazionali e governi dall’altro, salterebbe. E’ questa la semplice ragione per cui molto difficilmente passeranno. Lo si è capito anche dal modo in cui è cominciato il confronto tra i parlamentari quando il popolare spagnolo José Garcìa-Margallo, relatore sulle nuove regole per l’Autorità bancaria, ha detto esplicitamente che il Parlamento non punta a sforare i tempi previsti per l’approvazione dell’intero pacchetto legislativo, ma che la discussione tra i deputati e il negoziato con il Consiglio non può partire al ribasso. D’altra parte, i governi hanno tutti gli strumenti per poter orientare i “propri” parlamentari nazionali a seconda dell’interesse in gioco e anche in questa occasione, quando il gioco si farà più duro man mano che ci si avvicina all’estate, li useranno a mani basse.