L’ipotesi di un nuovo piano di investimenti a livello europeo non viene presa in considerazione dai ministri finanziari europei. Lo ha indicato una fonte informata sulle discussioni in corso nella capitale portoghese. D’altra parte, né l’idea di rafforzare lo sforzo finanziario comune per uscire dalla crisi economica scatenata dal Covid-19 né l’idea di rendere Next Generation UE uno strumento permanente per la stabilizzazione delle economie e per finanziare azioni fiscali collettive con l’emissione di obbligazioni comuni hanno il consenso necessario per poter essere realizzate. Della prospettiva di uno strumento di bilancio per l’area euro, forse, si parlerà molto più avanti. In agenda per ora c’è solo il confronto sulle regole di bilancio che resteranno sospese fino a tutto il 2022. Dovranno essere modificate e su questo tutti sono d’accordo. Fin dove andare con una riforma non è chiaro: la strada è tutta in salita date le classiche e persistenti divisioni fra il fronte del Nord e il fronte del Sud sulla condotta delle politiche di bilancio e sul grado di supervisione europea sull’attuazione delle scelte nazionali di politica economica e di bilancio.
Se ne parlerà nella seconda metà di quest’anno: il commissario Gentiloni ha confermato che avanzerà una proposta entro fine 2021, presumibilmente in autunno. Il confronto sulle regole di bilancio sarà propedeutico a quello, successivo, su un possibile strumento di bilancio permanente per l’area euro. I temi sono tutti altamente controversi: maggiori strumenti comuni di politica economica da usare oltre l’emergenza richiedono un grado di supervisione europea nettamente superiore all’attuale al quale inevitabilmente corrisponde un indebolimento della sovranità esclusiva dei governi e dei parlamenti. I tempi delle decisioni sono molto lunghi perché una decisione sul ritorno a regole di bilancio riformate non avverrà prima di metà 2022: a settembre di quest’anno si voterà in Germania, nell’aprile 2022 ci saranno le presidenziali in Francia. Per l’eventuale strumento comune permanente di politica economica e fiscale i tempi sono ancora più lunghi, qualora i governi decidessero di percorrere questa strada. In ogni caso, più che chiedersi se si arriverà a un tale traguardo occorrerebbe chiedersi fino a quando l’Eurozona riuscirà a procedere senza arrivarci. Nella speranza che una nuova crisi renda tutto più incerto e difficile. È questo, tra l’altro, il motivo per cui la Bce (da anni) continua a sponsorizzare soluzioni che vadano in quella direzione. Appare assurdo che a un certo punto la Bce possa ritrovarsi da sola a esercitare una funzione federale di politica monetaria non accompagnata da una funzione fiscale che non sia la mera somma di 19 politiche fiscali. In ogni caso, conteranno i successi – o gli insuccessi – del Recovery Fund. Da questo punto di vista il modo in cui l’Italia lo userà sarà decisivo.