Non è la prima volta che si parla nella zona euro di un sussidio di disoccupazione comune, ma l’idea finora non è mai decollata. E non è la prima volta che ne parla l’Italia. Con l’annuncio del ministro Pier Carlo Padoan (attraverso il Financial Times) che questa può diventare non una risposta ma ‘la’ risposta alla richiesta di misure europee anti-choc, forse la discussione potrebbe decollare. Non va però sottaciuto che l’appetito per la condivisione di spese comuni nell’unione monetaria resta sempre molto scarso. Basti pensare alla difficoltà a trovare un accordo sul salvagente finanziario comune per le banche. Padoan, in ogni caso, prova a smuovere le acque. Già a maggio nel ‘paper’ che il governo aveva inviato a Bruxelles con le proposte per ‘completare e rafforzare l’unione economica e monetaria’, l’idea di un’assicurazione comune contro la disoccupazione per far fronte a forti choc economici era stata definita un elemento importante della volontà di “condividere i rischi per il bene comune”. Obiettivo: far uscire la zona euro dalla logica dell’emergenza e del basso cabotaggio politico.
Il rilancio di Padoan avviene in un contesto in cui il confronto tra i governi sulle scelte da compiere per rafforzare l’unione monetaria è di fatto incagliato: nonostante l’accordo sulla Grecia, la fiducia tra i partner è ancora una merce rara. I continui, insistenti moniti di Mario Draghi a fare in fretta, a dotare l’unione monetaria degli strumenti per condividere in modo più compiuto la sovranità, sono finora rimasti inascoltati. Resta una discreta mole di contributi, documenti e sintesi che sono sfociati nell’ultimo documento dei 5 presidenti delle istituzioni dell’Unione europea. Le scelte fondamentali, compresa quella di un bilancio comune parziale della zona euro, sono rinviate al futuro (se mai vedranno la luce).
A maggio, nel ‘paper’ sul contributo italiano alla discussione sul futuro dell’Eurozona, il governo aveva indicato che lo sviluppo di un sistema comune di assicurazione contro la disoccupazione, in pratica un sussidio, deve avere lo scopo di “alleggerire le fluttuazioni del ciclo economico”. Uno strumento che “potrebbe anche stimolare la convergenza delle diverse istituzioni del mercato del lavoro, aggiungere la dimensione europea necessaria per il coordinamento delle politiche e fornire incentivi a iniziative nazionali”.
“Lungi dall’essere una scappatoia per i paesi che non sono pronti per accelerare le riforme, la condivisione del rischio potrebbe essere una forza motrice dietro le riforme”. Oltretutto, questo il ragionamento italiano, “iniziative nazionali separate possono risultare incoerenti”.
Il meccanismo potrebbe essere finanziato con le risorse attualmente spese per i regimi nazionali di sussidio ed essere parzialmente messo in comune in un fondo per l’assicurazione contro la disoccupazione nel momento in cui il mercato del lavoro si riassesta e la disoccupazione si riduce. Una tale prospettiva, era scritto nel documento italiano di maggio, richiede però “una progressiva armonizzazione dei diversi sistemi nazionali” e ciò richiederà tempo, ma una volta lanciata, “potrebbe essere un segnale potente della volontà a impegnarsi in una unione dei cittadini”.