Chi si aspetta decisioni effettive, da pronto uso per rilanciare la crescita al termine delle riunioni prima dell’Eurogruppo (domani mattina) poi dell’Ecofin (sabato) resterà deluso. D’altra parte le riunioni informali dei ministri delle finanze in primavera e in autunno sono confezionate apposta per discutere e non prendere impegni formali. Ciò non toglie che l’attesa di chiarimenti sulle strategie a breve termine dell’Eurozona e della Ue è grande. L’idea centrale del ministro dell’economia Pier Carlo Padoan è concordare su una serie di analisi e punti fissi comuni: riconoscere l’urgenza di una nuova stagione di riforme strutturali e investimenti sotto una stretta regìa europea, spostare il carico fiscale dalle imposte dirette, indicare l’importanza cruciale della “credibilità delle politiche” di riforma, creazione di un fondo europeo per sfruttare al massimo l’effetto leva delle risorse di Bei e banche di investimento nazionali (in Italia la Cdp) “con la possibilità di rafforzare il capitale disponibile”. Sono queste le indicazioni contenute in una serie di documenti in possesso de Il Sole 24 Ore Radiocor. Le scelte sui bilanci pubblici e il grado di flessibilità da usare saranno definite solo dopo il chiarimento su questo “quadro”.
L’accelerazione dei project bond, il rilancio delle cartolarizzazioni che potrebbero essere un toccasana per il finanziamento delle piccole e medie imprese ma che “non sono di per sé sufficienti” per risolvere il problema del finanziamento dell’economia indicano i documenti della presidenza dell’Ecofin, la generalizzazione delle esperienze italiana e tedesca dell’emissione di ‘minibond’ delle pmi fino ad avere un quadro comune europeo per i ‘corporate bond’ proprio per sostenere le emissioni di entità limitata da parte delle imprese non quotate: tutto questo fa parte di un corollario complesso di ‘cose da fare’ che costituiscono, insieme con le fatidiche ‘riforme strutturali’, gli ingredienti di un’azione di politica economica e finanziaria di lungo respiro.
Se tutto questo parte insieme, allora la spinta degli interventi anti-deflazione della Bce potrà dare dei frutti. E si troveranno anche soluzioni sugli scambi ‘tempo contro riforme’ per raggiungere gli obiettivi di bilancio nazionali. Se non ci sarà questa “coralità, salta tutto”, indica una fonte europea che ha partecipato alla preparazione dei lavori di Eurogruppo ed Ecofin.
“Finanza per la crescita” è il titolo di una nota di approfondimento preparata per i ministri: la presidenza italiana dà molto valore all’idea di una “unione dei mercati dei capitali” contro la “frammentazione che può essere uno dei principali ostacoli al finanziamento delle imprese”. Di unione dei mercati dei capitali si occuperà la nuova Commissione Juncker. Cercando di completare l’unione bancaria che in questi mesi si prepara a diventare operativa: dal primo novembre la Bce sarà operativa come supervisore, subito dopo la pubblicazione degli stress test bancari.
Tra i governi non sembrano esserci grandi preoccupazioni sull’esito dei test: “Se ci fossero grandi rischi la Bce non avrebbe deciso ciò che ha deciso ultimamente”, ha indicato a Il Sole 24 Ore Radiocor una fonte finanziaria di mercato. Nei documenti per l’Ecofin si afferma che “mentre i test potranno rivelare possibili necessità di capitale, in linea generale le banche europee si sonio già mosse per prevenire un risultato del genere e la sensazione prevalente nel mercato indica che le necessità potrebbero essere colmate” nei tempi previsti.
Della ‘finanza per la crescita” fa parte un ruolo di spinta della Banca europea degli investimenti e del suo lavoro comune con le banche pubbliche di investimento nazionali, in Italia la Cassa Depositi e Prestiti. “Fare leva” sulla loro capacità finanziaria e il sistema di garanzie per attrarre capitali privati è la parola d’ordine. Il governo italiano, ma non solo, è convinto che il recente aumento di capitale Bei di 10 miliardi non sia sufficiente. “La collaborazione tra Bei e banche di investimento nazionali – è scritto in un documento per l’Ecofin – può essere rafforzata e messa su base istituzionali più solide nella prospettiva di una ‘piattaforma comune per gli investimenti, una versione europea del Club degli investitori di lungo termine con una capacità finanziaria addizionale”.
Un altro ingrediente da mettere nel calderone dei 300 miliardi di cui parla il neopresidente della Commissione Juncker: si tratta ancora di capire in quale misura si tratterà di fondi nuovi rispetto a quelli già decisi, stanziati o ipotizzati nei mesi scorsi. A tutto questo deve sovrintendere l’Ecofin: secondo Padoan i paesi da soli non riescono a farcela. Il costo economico e politico delle riforme è molto alto. E’ un arricchimento dell’idea di Mario Draghi sull’accordo per una centralizzazione delle riforme strutturali. Tra gli interventi strutturali per far ripartire l’economia nei documenti italiani si trova un riferimento al mercato del lavoro: “Allentare le restrizioni all’uso dei contratti di lavoro temporanei rafforza potenzialmente gli investimenti”.
Presentando una tale visione oltremodo complessa, Padoan cerca di evitare la stretta nelle discussioni ‘flessibilità sì-no’ sugli obiettivi di deficit/pil. Se si è d’accordo sulla tela da tessere si troverà un accordo sul che fare per i bilanci pubblici: questa è la linea scelta. In questa fase non ha senso fare discussioni ideologiche: si vedranno nelle prossime settimane le mosse dei governi per preparare le leggi di bilancio 2015 che devono essere presentate a Bruxelles a metà ottobre. L’annuncio della Francia sul rinvio del deficit/pil sotto il 3% al 2017 (dal 2015) è stata una doccia fredda che pure però era attesa. La vera discussione all’Eurogruppo sarà su questo: la recessione prolungata in alcuni paesi (in Italia dura da due anni e mezzo), la condizione di quasi stagnazione in altri paesi dell’Eurozona, comportamenti deflazionistici di imprese e famiglie ormai da molto tempo, basta tutto questo per invocare la clausola della “situazione eccezionale” per frenare il consolidamento dei bilanci?