Ormai è chiaro che la prossima settimana (mercoledì 29) si celebrerà la svolta della flessibilità, il patto ‘tempo contro riforme’. La Commissione ha ormai pronti i documenti con le raccomandazioni ai governi europei per le procedure per deficit pubblico. La novità è che sei paesi dell’unione monetaria beneficeranno di nuove condizioni: Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia e Olanda avranno più tempo per portare il loro disavanzo sotto il 3% in rapporto al prodotto lordo (chi un anno chi due). L’Italia si trova in condizioni diverse, dato che sarà chiusa la procedura per deficit eccessivo permettendo di consolidare la credibilità circa il rispetto degli impegni europei e di disporre nel 2014 di margini per sostenere l’occupazione e finanziare investimenti. Ma anche per l’Italia gioca il fattore tempo, che riguarda la possibilità di mantenere un deficit più alto restando sempre sotto il 3% del pil. E’ evidente che l’operazione ‘flessibilità’ non risulta più frammentata, ora riguarda paesi che rappresentano più del 50% del pil dell’unione monetaria. Siamo dunque ben oltre la politica del ‘caso per caso paese per paese’, che è il modello cui ancora oggi (e probabilmente anche prossimamente) i vertici politici europei continuano a riferirsi.
Non si vuole ammettere che la svolta è carica di significati politici (in termini di strategie complessiva di politica economica in rapporto alle scelte di bilancio e di gestione del debito) per non rendere avvelenare inutilmente messaggi e relazioni tra i paesi membri, la Germania in corsa verso le elezioni (settembre), ma non solo. Ma che si tratti di svolta è fuori discussione. Tanto è vero che proprio in questi giorni, c’è un gran lavorio comune tra le capitali, Berlino in primo luogo, per costruire una risposta anti-ciclica centrata sul lavoro giovanile. Con quali proposte concrete e, soprattutto, quanti soldi lo sapremo tra un mese. L’Italia sta dentro questo processo a pieno titolo.
Mercoledì la Commissione si occuperà di tutti i paesi Ue ma in particolare di un gruppo specifico. Innanzitutto, l’Italia, che però si distingue dal gruppo in quanto non ha bisogno di alcuna deroga e questo è in questo momento il vero scudo anti-spread. I conti pubblici sono in condizioni nettamente migliori rispetto agli altri paesi nonostante il debito al record del 132,2% del pil nel 2014. La Francia dovrà portare il deficit/pil sotto il 3% nel 2015 e non entro quest’anno (con una stima per il 2013 di 3,9% e per il 2014 di 4,2%). Totale: due anni in più rispetto agli impegni precedenti. Per la Spagna il nuovo obiettivo è il 2016, con due anni di tempo in più rispetto alla vecchia tabella di marcia (-6,5% quest’anno, -7% l’anno prossimo). L’Olanda dovrebbe avere un anno in piu’ per portare il deficit sotto il 3% nel 2014 da quota 3,6% (ma secondo alcune fonti gli anni potrebbero essere addirittura due). Un anno in più alla Slovenia (stima deficit 2013 5,3%, 2014 4,9%) e al Portogallo, partendo da un deficit al 5,5% del pil nel 2013 e al 4% nel 2014. Per la Spagna è la terza estensione (la prima venne decisa sotto il governo Zapatero nel 2009), per il Portogallo la seconda. In entrambi i paesi si incrociano le dita sperando che sia sufficiente.
L’avvio di una nuova fase riflette la presa d’atto (per molti irresponsabilmente tardiva) degli effetti del prolungarsi della recessione e della urgente necessità di rallentare la corsa dell’austerità. Il rispetto di calendari, che ora risultano sfalsati rispetto all’evoluzione reale dell’economia, comporterebbe l’aggravamento del ciclo negativo. Ciò avvierebbe una spirale pericolosissima per molti, troppi paesi. Per quanto la Germania tragga dai mercati non Ue linfa vitale, la sua economia è e resta legata a doppio filo a quella dei vicini europei, è ben lontana dall’esserne ‘disaccoppiata’ visto che l’Eurozona pesa per il 40% sul totale dell’export tedesco. La flessibilità sul ritmo del consolidamento dei bilanci ha una contropartita: più tempo per poter agire sulle condizioni strutturali che favoriscono una gestione equilibrata del bilancio pubblico e la ripresa economica. Impegni e azioni di medio-lungo periodo. La Commissione europea è certa che funzionerà, in realtà la sfida è tutta aperta e non sembrano esserci alternative. Ad ascoltare Jacques Delors e Gerhard Schroeder, che hanno scritto una lettera a due mani pubblicata su alcuni giornali europei con un invito alla cancelliera tedesca Angela Merkel ad aiutare l’Europa, bisogna stare attenti comunque a non seminare illusioni: si tratta di un processo lungo, “c’è una differenza tra il momento in cui si prendono le decisioni più difficili e il tempo in cui le riforme entrano in vigore, questo processo può richiedere, come in Germania, fino a cinque anni”. Importante è che tutti ci credano, le opinioni pubbliche in primo luogo, che i governi non sprechino l’occasione e che sui mercati continui la tregua.