Sarà in novembre l’occasione in cui il commissario europeo alla concorrenza Joaquin Almunia presenterà ai ministri finanziari la “exit strategy” definitiva dopo tre anni applicazione delle regole flessibili sugli aiuti di stato con le quali la Ue ha fronteggiato la crisi finanziaria prima e la recessione poi. Il primo intervento a sostegno delle banche è del 13 ottobre 2008, giusto un mese dopo il fallimento di Lehman Brothers che conquassò i mercati. Nei mesi successivi seguirono diverse altre misure, tutte volte ad aprire le strette maglie degli aiuti di stato e dare rapidissimi via libera agli interventi dei governi per salvare banche, altre istituzioni finanziarie (quelle coinvolte nei mutui immobiliari), sostenere l’economia reale: ricapitalizzazioni, trattamento degli asset finanziari deteriorati, principi delle ristrutturazioni bancarie, quadro di regole temporanee per aiutare le imprese nell’accesso ai finanziamenti. Sia le misure speciali di aiuto alle banche sia quelle di sostegno alle altre imprese hanno una scadenza: fine 2011.
Naturalmente c’è una condizione: che non ci sia un peggioramento dei mercati, che la crisi del debito sovrano greco, la sfiducia sulla capacità del Portogallo di reggere lo sforzo di aggiustamento economico e le difficoltà dell’Irlanda non aprano per l’intera Eurozona un nuovo scenario di tensione estrema. Rispetto al 2010 c’è un vantaggio: per quanto debole, la ripresa economica appare sempre più autonoma, poggia sulla domanda interna e non solo sulle esportazioni e, nonostante l’ultimo rialzo dei tassi, la politica monetaria non può essere considerata restrittiva. Sull’altro lato della medaglia c’è però la crisi del debito sovrano, il punto di pericolosa congiunzione delle difficoltà di tre paesi a uscire dall’incubo e la fragilità del sistema finanziario con l’esposizione delle banche dell’Eurozona ai titoli emessi da questi stessi paesi.
Per il momento nulla fa pensare che la ‘exit strategy’ sia rinviata per la terza volta. Ci dovrebbe essere però una eccezione: i paesi sottoposti a salvataggio (cioè Irlanda, Grecia e Portogallo) ne sarebbero esclusi. Che possa esserci una deroga alla fine della flessibilità degli aiuti di stato alle banche (cioè della possibilità di misure di sostegno a ripetizione contro garanzia di ristrutturazioni future) lo già indicato il commissario Almunia. La ragione è piuttosto ovvia: senza quella flessibilità i sistemi finanziari di quei paesi crollerebbero. Sarebbe una assurdità che la Commissione stringesse le corde al Portogallo nel momento in cui la Bce continuasse ad accettare come collaterale i titoli emessi o garantiti dal Portogallo sotto la soglia minima di rating. Inoltre, nei programmi di aggiustamento concordati per i tre paesi sotto salvataggio, la ristrutturazione delle banche costituisce un aspetto molto importante, con modalità di interventi e tempi già definiti.
Naturalmente, per le banche c’è di mezzo lo stress test, ma le preoccupazioni al riguardo appaiono ridotte per quanto la pubblicazione dei dati sia stata rinviata di qualche settimane (è attesa per la prossima). Le banche che non passeranno la prova avranno sei mesi di tempo per approntare misure di emergenza (ricapitalizzazioni) e attuarle. Per fine anno il quadro dovrebbe essere chiarito. Si tratterà di vedere se l’apporto del capitale pubblico in tali operazioni sarà sostanziale o invece il peso più forte sarà sostenuto dagli azionisti o dal mercato. Il peggioramento dei mercati a causa delle tensioni sul debito sovrano greco e della lentezza con cui procede il negoziato tra banche e governi sui titoli in scadenza entro il 2014 non giocano certo a favore di una soluzione centrata sull’apporto di capitali privati.
Sulle banche l’Antitrust europeo sta procedendo piuttosto celermente. Sono in dirittura d’arrivo dossier scottanti, di cui quattro molto scottanti che riguardano la Germania: Hypo Real Estate, BayernLb con la filiale austriaca Alpe Adria, Hsh Nordbank, WestLb (sono aperte anche la seconda ricapitalizzazione e la ristrutturazione di Anglo Irish Bank, la ristrutturazione di Wbs in Irlanda e la ricapitalizzazione dell’ungherese Fhb). Il caso WestLb dovrebbe essere chiuso entro luglio: dopo il via libera del parlamento del Land Renania Nord-Westfalia alla ristrutturazione la strada è tutta in discesa. WestLb è un caso di scuola per l’Antitrust: si è trattato di uno dei salvataggi bancari più importanti insieme con Royal Bank of Scotland. La banca tedesca sarà drasticamente smantellata, della capofila delle Landesbanken dal 30 giugno 2012 resterà una società che si occuperà di servizi finanziari alle casse di risparmio con un bilancio di 40-45 miliardi. In sostanza la Renania Nord-Westfalia non avrà più una banca regionale.