Sono abbastanza lunghi i tempi del negoziato sul rafforzamento del Fondo anti-crisi e per definire che cosa e con quali regole deve nascere il ‘governo economico’ dell’Eurozona. Le decisioni finali saranno2 prese a fine marzo, quando si riuniranno di nuovo i capi di stato e di governo della Ue (24 e 25 a Bruxelles). Tra un mese (si parla del 4 marzo sempre a Bruxelles) si riuniranno i capi di stato e di governo dell’unione monetaria per fare il punto sulle discussioni. Nel frattempo la trattativa viene fatta direttamente dai ministri dell’economia, i registi in seconda. A chiudere una partita cominciata a maggio dell’anno scorso (primo intervento a sostegno della Grecia) mancano dunque poco meno di due mesi, non molto, ma potrebbe essere una eternita’ se i mercati cominciassero a innervosirsi a seconda delle informazioni che trapeleranno sulle decisioni future, attenti in particolare a tutti quei fattori che possono indicare qualcosa sulle operazioni per gestire la crisi del debito sovrano di Grecia e Irlanda innanzitutto, e poi Portogallo.
Non aiuta lo scatenarsi di polemiche e sospetti per la scelta franco-tedesca di entrare a piedi uniti nella discussione con la proposta di “patto per la competitivita’” su scala Eurozona con una serie di obiettivi-condizioni gia’ definiti. La riunione dei Ventisette e’ tuttora in corso ed era previsto finisse all’inizio del pomeriggio. Quella franco-tedesca e’ una strategia che viaggia sulle gambe dei governi che ci stanno (metodo intergovernativo) e relega in un secondo piano la dimensione comunitaria (in cui la Commissione europea e’ il ‘pivot’). Le prime reazioni sono quasi al vetriolo: il Belgio non accetta ordini sull’abolizione dell’indicizzazione dei salari, la Spagna e’ sulla stessa lunghezza d’ond, l’Austria protesta per l’idea di fissare la fine dell’eta’ lavorativa a 67 anni, il Lussemburgo e la Commissione si oppongono allo stravolgimento del “metodo comunitario” nelle relazioni europee, i sindacati hanno risposto picche a quella che ritengono sia la “germanizzazione” dell’Europa. Un alleato naturale di Francia e Germania e’ l’Italia, anche se finora nessuno si e’ pronunciato sulla proposta franco-tedesca. Da tempo il ministro Giulio Tremonti sostiene che con la crisi l’Europa si trova definitivamente (e fortunatamente, secondo lui) in una fase in cui sono i governi a dare il là agli eventi politici e non organismi “tecnocratici” (Commissione europea, Financial stability board).
Tutto questo sembra aver fatto passare in ombra un problema che per i mercati e’ fondamentale: gli stress test bancari. Stando a indicazioni raccolte alla Commissione europea, dovranno partire a fine febbraio-inizio marzo. Cio’ vuol dire che il negoziato gia’ di per se’ molto complicato sulle misure anti-crisi si intreccia a un appuntamento sul quale saranno puntati gli occhi della finanza globale. Il test di resistenza delle banche agli choc economici riguardera’ anche la loro esposizione al debito sovrano e un test separato sara’ condotto sulla liquidita’: i risultati si conosceranno dopo due-tre mesi, ma sulla base delle modalita’ dei test ci sara’ una prima valutazione di mercato.
Oggi il Vertice Ue si e’ limitato a indicare la necessita’ di “stress test ambiziosi” e che gli stati “assicurino piani concreti, rispettosi delle regole sugli aiuti di stato, per fronteggiare la situazione di ogni banca che dimostri di essere vulnerabile”. Il legame con il rafforzamento della ‘facility’ che emette bond e poi presta denaro ai paesi in difficolta’ e’ stretto: sono le banche ad avere nella loro ‘pancia’ enormi quantita’ di titoli che l’Efsf potrebbe acquistare direttamente o che potrebbero essere acquistati dagli stati grazie ai prestiti dell’Efsf a un costo inferiore al valore facciale (nel caso dei titoli sovrani greci con un taglio del 25%).
Per capire qual e’ la trama del negoziato vediamone i vari elementi.
FONDO ANTI-CRISI – E’ scontato che l’Efsf deve essere messo in condizioni di prestare effettivamente 440 miliardi di euro e non solo circa 250 miliardi (la differenza e’ data dalle garanzie necessarie per ottenere la tripla A dalle agenzie di rating per le emissioni dei bond). Non e’ pero’ chiaro attraverso quali strade: i sei paesi a tripla A (Germania, Finlandia, Olanda, Austria, Lussemburgo e Olanda) hanno gia’ detto che l’aumento delle coperture non potra’ ricadere su di loro, ma sugli altri paesi dell’Eurozona che non godono del massimo rating (Italia compresa).
ACQUISTI DI BOND – Due sono le ipotesi sul tavolo. La prima prevede di attribuire all’Efsf la missione di acquistare direttamente sul mercato i titoli dei paesi a rischio. La Germania resiste perche’ contraria a qualsiasi forma di “comunitarizzazione’ (vuol dire la messa in comune a livello Ue) del debito pubblico nazionale. La seconda ipotesi, che appare piu’ praticabile, prevede che l’Efsf presti capitali a breve agli stati i quali a loro volta acquistano sul mercato i loro titoli con un taglio del valore facciale. Il problema e’ se le banche sono disposte a venderli al prezzo ‘tagliato’ (la Bce gia’ li ha acquistati a un valore inferiore a quello facciale). La Germania si e’ convinta che una operazione in questo senso va fatta per due ragioni: occorre dare respiro a Grecia e Irlanda e occorre sgravare la Bce che ha acquistato titoli pubblici per quasi 80 miliardi di euro.
COSTO PRESTITI – I ministri dell’Eurogruppo stanno discutendo anche l’eventualita’ di ridurre il costo dei prestiti ai paesi in difficolta’. Grecia e Irlanda devono chiudere la restituzione entro cinque anni. Atene ha gia’ chiesto di poter spalmare i pagamenti con tempi piu’ lunghi, si ipotizza un periodo complessivo di dieci anni.
PATTO COMPETITIVITA’ – E’ la novita’ degli ultimi giorni. L’idea politica di Francia e Germania e’ integrare al livello dell’Eurozona le politiche di bilancio, economiche e sociali con un patto “volontario”. Il termine scelto, come ha spiegato il ministro tedesco Wolfgang Schaueble, e’ “cooperazione rafforzata in un primo tempo intergovernativa”. Esclusa la strada dell’Eurobond (rilanciato da Italia e Lussemburgo) perche’ la Germania si oppone alla “comunitarizzazione del rischio del tasso di interesse anche sottoforma di euro-obbligazione” (sempre parole di Schaueble), resta la strada di politiche nazionali vincolate a obiettivi-quadro stabiliti dall’Eurogruppo. Sei le indicazioni emerse finora: aumento dell’eta’ pensionabile a 67 anni, abolizione delle indicizzazioni salariali, tetto all’indebitamento pubblico definito chiaramente (anche per legge come in Germania e come si appresta a fare la Francia), rispetto rigoroso del patto di stabilita’ sui deficit e sul debito pubblico, base minima comune per la tassazione delle imprese, obiettivi per migliorare la competitivita’.
La cancelliera tedesca ha indicato espressamente che “il modello deve essere lo stato membro che presenta le migliori condizioni” (lasciando intendere che questo modello e’ proprio la Germania). Da parte francese si precisa che “non sempre il modello migliore e’ la Germania, non c’e’ rischio di dominanza tedesca”.
E’ chiaro lo scambio: da una parte maglie strette alle politiche economiche e sociali, che devono sempre piu’ “convergere” nell’Eurozona evitando concorrenza sleale tra i 17 (riferimento al caso dell’Irlanda per l’aliquota del 13% per la tassazione del reddito di impresa) e l’accumularsi di squilibri di competitivita’ che potrebbero essere devastanti per la stabilita’ dell’unione monetaria; dall’altra parte la definizione di un meccanismo permanente anti-crisi finanziarie fondato sulla solidarieta’ tra partners. Politiche nazionali vincolate in cambio di aiuti.