Tira un’aria ancora pesante sull’economia europea e dell’Eurozona appena uscite dalla recessione: la ripresina è capricciosa, per un trimestre fa una corsetta poi si ferma e in qualche paese torna pure indietro. Un quarto trimestre 2009 a +0,1% non è un dramma in quanto tale, ma certo non è un buon auspicio per i successivi. Siamo sulle colline (più che montagne) russe: il terzo trimestre si era chiuso con +0,4% ed era solo il primo dopo la serie di crescita negativa, i lunghi trimestri della recessione. Il colpo c’è stato perché l’attesa era +0,3%, perché la Germania ristagna, l’Italia torna indietro addirittura sotto zero (-0,2% per l’esattezza), il dato peggiore dal 1971. Spagna e Grecia restano in recessione mentre il Portogallo ristagna. Brilla, si fa per dire, solo la Francia, unico paese fra i grandi dell’Eurozona a progredire (+0,6%, dopo +0,2% e +0,3% nei trimestri precedenti). Ripresa senza quantità e senza qualità, irregolare, stentata. Il fatto che fosse previsto sia dalla Commissione europea sia dalla Bce non impedisce che i mercati si allarmino tanto che l’euro ha trovato il modo di arrivare al minimo da nove mesi sul dollaro (1,35). Soddisfazione degli esportatori, gli unici a trarre giovamento dalle disgrazie greche e dalle incertezze economiche.
In autunno la Commissione Ue diceva che “dopo un periodo iniziale di ripresa la crescita del pil è prevista rallentare prima di riguadagnare terreno nella seconda metà del 2010”. Il profilo trimestre su trimestre dava +0,2% fra ottobre e dicembre 2004, +0,1% nei primi due trimestri 2010, poi +0,2% e +0,3% nei successivi. Fra quindici giorni vedremo se ci saranno cambiamenti delle stime (le nuove previsioni di Bruxelles ad interim saranno pubblicato il 25). E’ certo però che attualmente la ripresa non ha motori, consumi e investimenti sostanzialmente languono, il commercio internazionale riparte ma non è l’Europa ad approfittarsene granché. La poca attività è ancora troppo debole per sostenersi autonomamente. Il solo motore veramente acceso è alimentato dal sostegno pubblico all’economia, solo che è un motore che man mano diminuerà i giri, basti pensare all’esaurimento dei premi alla rottamazione delle auto. La cosiddetta “ripresa spontanea”, non drogata dall’intervento pubblico straordinario, non parte perché i fattori di spinta, ripresa del credito, investimenti delle imprese, consumi, semplicemente non stanno spingendo.
Adesso la ripresa stentata, per qualche tempo anche “caotica” aveva pronosticato Jean-Claude Trichet, alimenta inevitabilmente la preoccupazione che molti paesi potrebbero trovarsi in difficoltà più grandi nel ridurre i deficit di bilancio nei tempi previsti anno per anno e tornare sotto il 3% del pil tra il 2012 e il 2013 nella maggior parte dei casi. Non è il massimo in una situazione in cui sui mercati si scrutano 24 ore su 24 le mosse dei governi sulle scelte di bilancio per vedere chi ce la fa e chi non ce la. Ecco spiegato perché da diverse settimane il ritornello della preparazione delle ‘exit strategy’ degli stati dall’economia è diventato sempre più stanco. La Bce è rimasta sola a ripeterlo con il solito vigore, forse non credendoci nemmeno più tanto. L’Eurogruppo semplicemente non ne parla più.