Mercoledì 7 ottobre la Commissione Ue farà il primo passo formale per la procedura di deficit pubblico eccessivo a carico di nove paesi tra cui l'Italia. Lo ha confermato la riunione dei capi di gabinetto dei commissari. Per Bruxelles é un "atto dovuto" con il quale si limita a "costatare" il superamento del 3% del pil quest'anno. Il confronto politico vero riguarderà le scadenze per correggere i conti pubblici: secondo l'accordo raggiunto all'Ecofin, una vera "tregua" sulle date, avverrà dopo la pubblicazione delle stime Ue (inizio novembre) cioé a dicembre.
Il via alle procedure per deficit eccessivo dovrebbe riguardare, oltre all'Italia, Germania, Belgio, Olanda, Austria, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Repubblica Ceca. Nove paesi in tutto che si affiancano agli undici che già sono sotto procedura europea: Grecia, Irlanda, Francia, Spagna, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia e Romania. Ungheria e Regno Unito. La linea del responsabile degli affari economici Joaquin Almunia é che si tratta di un "non evento" per la semplice ragione che la Commissione europea certifica quanto gli stessi governi hanno già comunicato sull'andamento del deficit pubblico e del debito quest'anno.
I documenti preparati per l'occasione, in questi giorni in circolazione tra i vari servizi della Commissione prima del via libera finale atteso per la prossima settimana, non contengono infatti valutazioni "qualitative" e neppure indicazioni sul percorso da seguire per il consolidamento. Si tratta di una "relazione" che passerà subito all'analisi del Comitato economico e finanziario (organismo tecnico dell'Ecofin) che formulerà un parere. E' solo in novembre che Almunia deciderà se formulare le raccomandazioni, come dicono le norme, "al fine di far cessare tale situazione (cioé ridurre il deficit – ndr) entro un determinato periodo". E su questo si pronuncerà l'Ecofin in dicembre.
Alla riunione di Goteborg, i ministri delle finanze hanno deciso di non decidere la data di avvio delle 'exit strategy' (2011 proposto dalla Commissione) in attesa delle nuove stime macroeconomiche che costituiscono il 'farò operativo per il patto di stabilità non su quanto già avvenuto (cioé il 2009) bensì sul 2010 e sul 2011. Questa é la tabella di marcia indicata dallo stesso Almunia. L'attesa é che vanga rispettata anche se c'é un problema: indicare date di rientro dai deficit prima di un accordo esplicito generale all'Ecofin é piuttosto rischioso per la Commissione data l'entità del problema che riguarda venti paesi su 27, cioé oltre il 90% dell'economia Ue. Finora Bruxelles si é comportata così, vedremo questa volta, dopo che all'Ecofin non é passata l'idea di definire adesso l'inizio del consolidamento di bilancio.
La cosa certa é che "i costi di bilancio della crisi finanziaria sono enormi": da un deficit medio Ue nel 2007 inferiore all'1% del pil si passa nel 2010 al 7% (stime di primavera) con quattro paesi (Lettonia, Regno Unito, Irlanda e Spagna) con un livello a due cifre (cioé sopra il 10%). L'ipotesi che possa essere riassorbito in tre anni, stando alle indicazioni delle procedure già avviate, é sempre meno realistica. Chiarissimo il caso della Francia che avrà un deficit/pil all'8,5% l'anno prossimo (debito all'84%) che comincerà a scendere secondo la scelta del governo dal 2011 ma sarà ancora al 5% nel 2013. Secondo la procedura europea scattata in febbraio dovrebbe essere portato sotto il 3% entro il 2012.
La novità é che le grandi economie europee: Germania, Francia, Italia (2009 al 5,3%, 2010 al 5%, 2011 al 3,9%, 2012 al 2,7% secondo le previsioni governative), Regno Unito, si trovano con deficit pubblici molto ampi o con un debito sopra il 100% (é il caso dell'Italia al 117,3% nel 2010) o vicino (84% in Francia, 74,2% in Germania, verso il 100% nel Regno Unito nel 2016 a bocce ferme dal 69,3% nel 2008).
E' a causa del debito pubblico in corsa che Commissione europea e Bce premono ai fianchi i governi affinché assumano ("il più presto possibile", secondo Jean-Claude Trichet) impegni di consolidamento immediati da realizzare dal 2011. Nonostante il 2011 quale data di avvio delle 'exit strategy' e della riduzione dell'indebitamento sia stato a lungo evocato, nessun impegno é stato preso a Goteborg. C'é anche chi comincia a disegnare scenari di "frattura" dell'Eurozona proprio sulla finanza pubblica. Più che altro a Bruxelles e a Francoforte si temono effetti negativi sui mercati. Gran parte degli stimoli anti-crisi "si ritireranno automaticamente nel 2011, ma questo non sarà sufficiente a contrastare l'aumento del debito mettendo a rischio la sostenibilità delle finanze pubbliche", é scritto in un rapporto della Commissione sulla crisi. Questa situazione, se non corretta in tempo, "può implicare tassi di interesse a lungo termine più alti e spiazzare la formazione di capitale complicando la ripresa del settore finanziario".
In sostanza, l'aumento delle emissioni di titoli pubblici per fronteggiare il debito può spiazzare la domanda di credito del settore privato "spinta" da una domanda di credito più forte proveniente dal settore pubblico. Inoltre, é sempre la Commissione europea a indicarlo in un documento riservato presentato all'Ecofin la settimana scorsa, "diversi paesi possono essere sempre più esposti a improvvisi cambiamenti degli spread sui tassi" in base alle percezioni sulla sostenibilità dell'andamento del debito pubblico.