Il mercato unico si disintegra e il pompiere europeo non c’è

Il mercato unico si sta disintegrando e l'Europa gioca il ruolo del modesto copilota mentre al posto di comando restano i governi nazionali. Si dovrebbe chiamare un pompiere, ma il pompiere europeo non è in grado di fronteggiare nè la crisi finanziaria né la recessione. E' una visione a tratti apocalittica quella disegnata dall'ex primo ministro belga Guy Verhofstadt nel suo ultimo libro 'Uscire dalla crisi, come l'Europa può salvare il mondo' (pubblicato in fiammingo e in corso di pubblicazione in inglese e francese).

Ciononostante offre diverse ricette sul modo in cui l'Europa potrebbe sfruttare a proprio vantaggio la crisi invece di accettare come ineluttabile che nel giro di venti o trent'anni nessun paese del Vecchio Continente sarà una grande potenza economica. Il liberaldemocratico Verhofstadt, 56 anni, venne travolto nel marzo 2008 dalla crisi politica più lunga della storia belga e oggi è alla ricerca di un posto di rilievo nella politica europea. C’è chi lo indica come possibile presidente della Commissione dovesse saltare il raddoppio del mandato al portoghese Barroso e chi come presidente dell'Unione europea al posto di Blair. Nell’attesa scrive.
  Intanto le ragioni del suo allarme: la risposta alla crisi è debole sia tecnicamente sia politicamente. Tecnicamente perché occorrerebbe almeno uno sforzo del 3-4% del prodotto in più per sostenere la ripresa economica, visto che complessivamente gli Usa per il rilancio spendono 2500 euro per abitante e in Europa appena 400. Impossibile, scrive Verhofstadt, contrastare la recessione "con 27 piani di rilancio verticali, spesso protezionistici", senza una linea comune. Risposta debole anche  in termini di politica economica globale: non solo la Ue non riesce né ambisce a diventare una 'locomotiva' della ripresa, ma non riesce neppure ad acquisire la leadership nella riforma delle regole dell'economia facendo leva sulla "norma europea" nella finanza, nella supervisione, nella governance delle imprese. Nonostante la crisi evidente del 'capitalismo anglosassone'.
  Il rischio di disintegrazione del mercato unico non è solo l'effetto della crisi, è anche la conseguenza dell'azione dei governi. Nei salvataggi bancari, per esempio, questa tendenza risulta chiarissima: "Il ripiegamento delle attività all'interno delle frontiere nazionali implica un controllo da parte delle istanze nazionali, conosciute, familiari. In altri termini, la via indicata incita a restare attivi sul proprio territorio". Così l'Europa "si spara un colpo di pistola nei piedi".
  E veniamo alle ricette. Il "più Europa" di Verhofstadt è più politica "orizzontale" e meno politica "verticale" (cioè dei governi), più 'europiani' per spingere la crescita eco-compatibile, grandi infrastrutture, servizi alla persona, scuola. E per ricapitalizzare le banche per le quali occorrono oltre mille miliardi di euro nei prossimi due-tre anni. Una delle chiavi di volta è creare la base finanziaria (dunque politica) degli 'europiani', Eurobbligazioni emesse dalla Banca europea degli investimenti con l'obiettivo strategico di formare un effettivo mercato europeo oltre il finanziamento di singoli progetti. Attraverso queste emissioni potrebbe essere finanziato il 40% del debito senior degli stati. Secondo passo aumentare le risorse della Ue attraverso la fiscalità verde e la tassazione sui consumi. Terzo, direzione unica delle politiche economiche sotto stretta sorveglianza.
  Chi prenderà l'iniziativa? Secondo il politico belga solo la Germania "può spingere l'Europa verso un regime superiore". Peccato però che la Germania sia in tutt'altre faccende affaccendata, assorbita nel tamponamento dell'emergenza. Come gli altri paesi.