Nessun chiarimento ancora fra Bruxelles e Roma, i ‘fuochi d’artificio’ continueranno

Scambi di accuse al vetriolo da una parte (il premier Matteo Renzi) e dall’altra (il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker) su dossier bollenti: dall’immigrazione alla flessibilità sui conti pubblici, all’applicazione delle regole per salvare e ristrutturare le banche. Poi, oggi, il tentativo comunitario di raffreddare la tensione cercando una via di uscita. Seguito dalle dichiarazioni di Federica Mogherini, ex responsabile della Farnesina ora a capo della diplomazia europea e vicepresidente della Commissione, che smentisce quanto indicato da fonti vicine a Juncker e dice che il dialogo politico Roma-Bruxelles e Bruxelles-Roma funziona benissimo, non è mai venuto meno. Comunque, Mogherini precisa: Bruxelles e Roma sono sulla stessa sponda. Sta di fatto che mai come in queste ultime settimane le relazioni tra governo italiano e Commissione europea sono state così aspre, ma anche così confuse, piene di messaggi ambigui e obiettivi mascherati. La sensazione a Bruxelles è che questi i ‘fuochi d’artificio’ continueranno perché un chiarimento serio, approfondito tra le due partei ancora non c’è stato e, soprattutto, una soluzione unica e durevole ai problemi oggetto di scontro non è alle viste.

Il presidente della Commissione Juncker sarà a Roma a fine febbraio, ma prima incontrerà Renzi al Consiglio europeo prima della metà di febbraio nella capitale belga. E prima ancora, Renzi incontrerà a Berlino la cancelliera tedesca Angela Merkel. Anche in questo caso, la soluzione dei problemi, delle controversie, l’auspicabile superamento della fase delle accuse e delle contro-accuse (in tutte si trovano vari elementi di verità) tra governo italiano e Commissione passano, piaccia o non piaccia, per Berlino. Tanto più che il presidente del Consiglio ha aperto un fronte anche con la Germania, criticata direttamente e frequentemente per lo ‘strapotere’ esercitato nelle decisioni delle istituzioni europee.

Le mosse di Renzi disegnano un approccio assertivo a 360 gradi su tutti gli elementi essenziali della strategia europea: economia e bilanci pubblici (flessibilità), energia (North Stream 2), banche (interpretazione delle regole sugli aiuti di Stato), immigrazione. Tutti questi argomenti rimandano a questioni di fondo dell’Unione europea non risolte a causa di divergenze profonde non tanto (non solo) all’interno della Commissione europea, ma tra i governi degli Stati membri e spesso anche all’interno del Parlamento europeo (dove le ‘truppe’ nazionali si muovono spesso e volentieri, come è ovvio che accada, a difesa degli interessi nazionali).

La flessibilità sui conti pubblici rimanda al mix delle politiche economiche e di bilancio, ma rimanda anche al ruolo della Germania (agisce a sostegno della crescita della zona euro o agisce per tutelare gli esclusivi interessa di potenza geo-economica?) come rimanda al grado di credibilità/affidabilità degli indebitati e al grande tema della condivisione dello sforzo per far crescere l’economia in modo equilibrate al centro come alla periferia dell’Eurozona con l’obiettivo di rafforzare davvero l’unione monetaria.

Il caso del raddoppio della pipeline per trasportare più gas russo verso la Germania, passando appunto da nord, è uno schiaffo all’Italia che era co-interessata a South Stream, progetto morto e sepolto. Questo caso richiama le relazioni con la Russia ed è un peccato che nessuno delle parti in polemica abbia avanzato nuove idee a questo proposito. E’ un tema comunque sul quale il bersaglio italiano era Berlino non Bruxelles.

La questione delle banche è doppia. Da un lato riguarda l’applicazione delle regole su ristrutturazioni e salvataggi, che però anche l’Italia – più nolente che volente – ha approvato. Dall’altro lato, rimanda al grado di condivisione dei rischi bancari, sulla quale la Germania (ma anche l’Olanda, la Finlandia per citare solo due paesi del ‘fronte del Nord’) non vuole fare ulteriori passi avanti. Quanto all’immigrazione, è il tema sul quale l’Unione europea sta rischiando effettivamente di decomporsi.

Non si può prescindere dalle personalità in gioco. Il premier italiano Renzi ha trasferito nell’Unione europea il modello del ‘rottamatore’ e certamente ha buoni argomenti. Il tema dell’economia è calzante: la Ue non riesce a ottenere risultati per superare davvero la fase dell’austerità, che è un altro modo per dire che non cresce come si vorrebbe. Juncker si sente tradito da Renzi, perché lui stesso viene considerato a Berlino un presidente di Commissione che sta aprendo troppo le maglie del patto di stabilità. La flessibilità sulle spese per riforme e investimenti ha molti padri e molte madri (tra cui Renzi, ma non solo Renzi) e aveva e continua ad avere diversi nemici ben piazzati.

Il governo italiano deve racimolare spazi nel bilancio purchè siano: di qui la corsa ad alzare l’asticella della flessibilità. La Commissione è un alleato potenziale (almeno contro i ‘falchi’ del Nord), ma un po’ la faccia deve salvarla. E’ chiaro che non funziona una flessibilità che quest’anno c’è e i prossimi tre non c’è più, per cui sarebbe meglio dirlo apertamente e fare una proposta. Costruire delle alleanze perché vada avanti. Solo che su questo la chiusura tedesca, e non solo, è totale. Per cui non restano che le guerre guerreggiate sui mezzi decimali di deficit/pil.

Poi ci sono le ragioni di politica interna ed è appunto con tali ragioni che ai piani alti della Commissione spiegano le mosse di Renzi. Oggi si è parlato molto di comunicazione tra Roma e Bruxelles, un termine che nella visione dei vertici comunitari rimanda alla qualità del dialogo ai massimi livelli politici tra Bruxelles e Roma, alla ‘tessitura’ italiana nel processo di formazione delle decisioni politiche europee, sempre ai massimi livelli. Fonti vicine al presidente Juncker dicono che c’è assenza di interlocutori politici a Roma (Pier Carlo Padoan escluso) mentre per Mogherini tutto funziona alla perfezione.

Certamente c’è fastidio, irritazione per le frequenti bordate che vari capi di stato e di governo continuano a inviare da Bruxelles o su Bruxelles alle proprie opinioni pubbliche secondo la solita logica dello ‘scaricabarile’. perché, in definitiva, la Commissione propone il Consiglio dispone (a parte l’Antitrust e poco altro).